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Aggiornato: 2 giugno 2025
Cavignì andò a trovar le signore alla sera: Montoni aveva altri impegni. S'imbarcarono esse nella gondola per andare alla piazza San Marco, ove il concorso era numeroso. Dopo una breve passeggiata, si misero a sedere alla porta di un casino; e mentre Cavignì faceva portare il caffè e gelati, arrivò il conte Morano.
Cavignì istruiva Emilia del nome dei gentiluomini ai quali appartenevano le ville; e per divertirla vi aggiungeva un leggiero schizzo dei loro caratteri, essa compiacevasi talvolta ad ascoltarlo; ma il suo brio non faceva più sulla signora Montoni l'effetto di prima: questa parea quasi sempre seria, e Montoni era constantemente riservato.
«Sarei io insultato alla mia tavola, e lo sarei da un amico?» gridò Montoni pallido dal furore. «Perchè ripetermi i motti d'uno stolto?» Verrezzi, che si aspettava di vedere l'ira di Montoni volgersi contro il conte, guardò Cavignì con sorpresa, e questi godè della sua confusione. «Avreste la debolezza di credere ai discorsi d'un uomo traviato dal delirio della vendetta?
La fanciulla credè bene raccontargli il motivo dell'ambasciata. Montoni e gli altri si alzarono tosto e corsero alle finestre; ma, non vedendo le truppe, andarono sul bastione, e Cavignì congetturò dovesse essere una legione di condottieri in marcia per Modena. Parte di quella soldatesca era allora nella valle, l'altra risaliva i monti verso ponente, e la retroguardia era ancora sull'orlo dei precipizi, dond'erano venuti. Mentre Montoni e gli altri osservavano quella marcia militare, s'udì lo squillo delle trombe e dei timpani, i cui acuti suoni venivan ripetuti dagli echi. Montoni spiegò i segnali, di cui pareva espertissimo, e concluse che non avean nulla di ostile. La divisa dei soldati e la qualit
Cavignì era giocondo ed insinuante come la prima volta. Sebbene quasi sempre occupato della signora Cheron, trovava il mezzo di parlar con Emilia. Le indirizzò da principio qualche motto spiritoso, e prese in seguito un'aria di tenerezza di cui ella si accorse benissimo, e che non la spaventò. Ella parlava poco, ma la grazia e dolcezza delle sue maniere l'incoraggirono a continuare; non fu interrotta se non quando una giovine signora del circolo, che parlava sempre, e di tutto, venne a mescolarsi ai loro discorsi; questa signora, che spiegava tutta la vivacit
Passò gran pezza prima che si fosse riavuta abbastanza da porsi a riflettere; ma il pensiero che le si affacciò fu tristo e terribile. Credè che Montoni volesse disporre di lei pel proprio vantaggio, e pensò che Cavignì fosse la persona per la quale si interessasse.
Gli è il cavaliere Valancourt,» disse Cavignì con indifferenza. Lo conoscete voi?» riprese la signora Cheron. Non ho con lui nessuna relazione,» rispose Cavignì. Non sapete i motivi che ho di qualificarlo d'impertinente? Esso ha la presunzione di ammirare mia nipote.
Tutti tacevano, e Montoni cambiò di colore. «Questa non è un'illusione,» disse finalmente Cavignì. No,» disse Bertolini; «l'ho intesa anch'io. Questo diventa straordinario,» soggiunse Montoni, alzandosi precipitosamente. Tutti i convitati si alzarono in disordine: furono chiamati i servi, si fecero ricerche, ma non fu trovato nessuno. La sorpresa e la costernazione crebbero.
Il conte, Emilia, Cavignì e la signora Livona cantarono quindi canzonette accompagnate da due liuti, e da qualche altro istrumento. Talvolta gli strumenti tacevano, e le voci, in accordo perfetto, andavano indebolendosi fino all'ultimo grado; dopo una breve pausa si rialzavano, gli strumenti riprendevan forza, ed il coro generale echeggiava per l'aria.
Sarebbe azione degna dell'amico d'un infame,» disse Morano, e la violenza dello sdegno lo fe' sollevare dalle braccia de' servi; ma la di lui energia fu momentanea, e ricadde spossato. La gente di Montoni tratteneva Verrezzi, il quale pareva disposto a compiere la sua minaccia. Cavignì, meno irritato di lui cercava di farlo uscire, Emilia, trattenuta fin allora dalla compassione, stava per ritirarsi, quando la voce di Morano l'arrestò. Le fe' cenno di avvicinarsi. Ella si avanzò timidamente, ma il languore che sfigurava la faccia del ferito, eccitò la di lei piet
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