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Aggiornato: 24 giugno 2025


O donna ch'anzi vespro a me fai sera, cui Laura è suora ne le rime d'oro, deh foss'io, come il vago de la Luna, addormentato, e alfin tra le tue braccia mi risvegliassi e bevere il tuo fiato potessi ancora, in letto alto di rose! Tu la Bella vedrai diman da sera e a lei ricingerai le chiome d'oro, canzon, nata di notte senza luna. E su tal corda l'anima sospira. Disegno di GIUSEPPE CELLINI.

Di nova pena mi conven far versi e dar matera al ventesimo canto de la prima canzon, ch’è d’i sommersi. Io era gi

Tu che gli sdegni vedevi e l'ire, E il giambo uscirne, beffardo suon, Tu al buon Tersite lo potrai dire Se vi eran lagrime nella canzon! E quantunque questi versi siano del giugno 1879, non mi è parso inopportuno ripeterli come chiusa di questo scritto.

La luna cala dietro le torri ed i campanili. Zitti: il Montecchio dal giardino ascese per l'ardua via al talamo nuziale, chè la canzon dell'Ora egli gi

Su le fugaci gioie Che il disinganno infrange, La notte le sue lagrime Piange. Ella mi disse: «Tu non ridi mai; Imprecan sempre i versi tuoi mordaci. Tu il cantico non sai Ove il gaudio folleggia e vibra al sole La musica dei baci. Tu non conosci la canzon febèa Che ignuda erompe dal pagano ammanto Come un’antica dea, E in alto vola, nuvole spargendo Di glicine e d’acanto

Di nova pena mi conven far versi e dar matera al ventesimo canto de la prima canzon, ch’è d’i sommersi. Io era gi

Io canto la canzon di Primavera andando come libera gitana in patria terra ed in terra lontana, con ciuffi d’erba ne la treccia nera. E con un ramo di mandorlo in fiore a le finestre batto, e dico: Aprite: Cristo è risorto e germinan le vite nove e ritorna con l’April l’amore!...

Di nova pena mi conven far versi e dar matera al ventesimo canto de la prima canzon ch'e` d'i sommersi. Io era gia` disposto tutto quanto a riguardar ne lo scoperto fondo, che si bagnava d'angoscioso pianto; e vidi gente per lo vallon tondo venir, tacendo e lagrimando, al passo che fanno le letane in questo mondo.

Canzon, se innanzi a lui per grazia arrivi, che dee chiuder di Giano il tempio aperto, benchè nulla è 'l mio merto, pregal, che sola non mi lasci in guerra poi che per lui si spera pace in terra. Qual degno pianto verseran gli occhi miei dal cor mai sempre, che conosco il tuo male, e 'l mio gran danno?

Poi, con un largo gesto delle braccia, spargon li adulti la semenza; e i buoni vecchi, levando al ciel le orazïoni, pensan frutti opulenti, se a Dio piaccia. Quasi una pia riconoscenza umana oggi onora la terra. Nel modesto lume del sole, al vespero, il nivale tempio de' monti inalzasi: una piana canzon levano li uomini, e nel gesto hanno una maest

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s'alceste

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