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Aggiornato: 12 giugno 2025


Napoli è il pandemonio D'ogni stranezza umana; Vi si respira il soffio Dell'epoca pagana; Come al tempo dei Cesari Rimaser le taverne; Serban l'antica foggia L'anfore e le lucerne. Il popolo s'inebria Di leggende e di canti; Ama le notti tiepide, I tramonti smaglianti, L'albe serene, il glauco Color della marina, Ciò che fa chiasso e luccica, Il lotto e Mergellina.

E continuavo: Soto el ponte de Rialto fermaremo la barcheta, O Venezia benedeta, no te voglio più lassar... Avessi veduto com'ella rallentava il passo, per sentire! A un tratto eccotela che mi s'accosta al letto, con le lacrime agli occhi, con la faccia bianca bianca, stravolta, la bocca tremante Lei non canti m'ha detto con malo modo qui non si canta. La prego di smettere. Questo è uno spedale!

SAMIA. Che la mi manda a uno che fará fare a Lidio ciò che la vuole. FESSENIO. In che modo? SAMIA. Per via di canti. FESSENIO. Di canti? SAMIA. Messer . FESSENIO. E chi sará questo musico? SAMIA. Che vuoi tu fare di musico? Dico che vo a uno che lo fará amare, se crepasse. FESSENIO. Chi è costui? SAMIA. Ruffo negromante, che fa ciò che vuole. FESSENIO. Come cosí?

E...., guardate la combinazione, senza un certo discorso sentito bisbigliare nella bottega del tabaccaio che sta sui quattro canti, io forse non sarei venuto così presto ad incomodarvi: non vi terrò in pena nel dirvi tutto; prima peraltro fa duopo che mi diciate se è vera una cosa. E quale?

Quando, nel silenzio della notte, ogni cosa dorme nella natura, e la vita sembra ovunque sospesa, ad un tratto dal fitto del fogliame escono alcune note, le quali ora sono un sospiro, un lamento, un gemito: ora sono canti lieti, vivi, che ogni eco ripete e fa suoi.

Finalmente s'arrivò a quelle benedette colline a cui si pensava da tre giorni con desiderio impaziente. Dopo una lunga salita, s'infilò una gola strettissima, chiamata in arabo Beb Tinca, dove bisognò passare ad uno ad uno, e si riuscì sopra una bella valle fiorita e solitaria in cui la carovana discese festosamente, empiendo l'aria di canti e di grida.

Il fanciullo siede in capo della tavola sovra uno sgabello elevato; parla, ride, canta, gesticola, mette in evidenza, durante e dopo il banchetto, tutte le sue doti fisiche e intellettuali quindi, i parenti e gli amici si ritirano, discutono, qualche volta si accapigliano; ma alla fine, il nome vien messo ai voti e imposto al fanciullo tra i brindisi, i canti e le danze, che durano ordinariamente fino allo spuntar del mattino.

E, lungamente avendo premeditato quello che in essa volesse descrivere, in fiorentino idioma e in rima la cominciò: ma non avvenne il poterne cosí tosto vedere il fine, come esso per avventura imaginò; percioché, mentre egli era piú attento al glorioso lavoro, avendo giá di quello sette canti composti, de' cento che diliberato avea di farne, sopravvenne il gravoso accidente della sua cacciata, ovver fuga, per la quale egli, quella e ogni altra cosa abbandonata, incerto di se medesimo, piú anni con diversi amici e signori andò vagando.

Ondeggia in ritmo ai passi ogni giogaja bianca splendendo; il can fulvo davanti gioiosamente a i gravi passi abbaja; e a 'l salïente amor s'alzano i canti. Oh per il colle olivi in rare file sopiti, in un pallor dubbio di argento su 'l dolce azzurro pomeridiano! Oh tra li olivi il coro feminile svolgentesi ne l'aria senza vento, come un ampio cantar gregoriano!

vegnati in voglia di trarreti avanti>>, diss'io a lei, <<verso questa rivera, tanto ch'io possa intender che tu canti. Tu mi fai rimembrar dove e qual era Proserpina nel tempo che perdette la madre lei, ed ella primavera>>. Come si volge, con le piante strette a terra e intra se', donna che balli, e piede innanzi piede a pena mette,

Parola Del Giorno

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