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Rosina, la quale conosceva come pur troppo il passionato e bollente suo sposo non avesse bisogno di scene sensibili onde non cadere in una delle sue solite cupe malinconie, fu sollecita a promettergli che avrebbe sollevato quei miseri: ond'egli, lasciandole la sua borsa, accesa la pipa, mosse verso il palazzo.

Voi dite, père Pradau! Conoscete voi quel bell'edifizio circondato da colonne nella strada Vivienne? Voi intendete parlare della Borsa, mi immagino? Sissignore, M. Claret. Orbene, la mia rendita e la vostra sono in quel palazzo dei miracoli. Hum! père Pradau, io ò udito delle storie su quel luogo ...

Ma l'ho io, Ben Meir Aben Ezra; disse il frate scudiero. Sia questo almeno per la mancia, a chi t'ha condotto un così generoso avventore. Che è pronto a darti i cinquanta castigliani; aggiunse il Fiesco, rimettendo mano alla borsa. Dio santo! li hai ben guadagnati.

E il direttore d'orchestra che è salito in quel punto sul palco scenico: «e poi i giornalisti dicono di noi!... Come s'ha a dirigere.... come si fa ad accompagnare questi cani?» E i coristi maschi: «si beve o non si beve?... Si è mai visto uno di questi cani metter mano alla borsa? Dio!... che massa di cani

Dopo un sonno profondo mi svegliai indolenzito, ammaccato, scapigliato, sconcio, colla testa pesante e la borsa leggiera, in maniche di camicia. Ero sotto il tavolo, all'oscuro, dimentico d'ogni cosa, sbalordito. Chiamai la Rosa. Bitto venne a leccarmi il volto con affezione inquieta, e pareva che volesse parlarmi.

Giacinto Ribera sarebbe davvero un buon giovane, se non avesse la manìa d'essere un perpetuo disastro finanziario. Non ha fatto mai, in commercio, in borsa, in banca, un'operazione di venti lire, eppure, a sentir lui, è vittima continua di speculazioni fantastiche.

Quand'egli, in compagnia del cameriere dell'Illustrissimo, aveva cercato di tirar dalla sua anche il malaccorto cappellano, non lo fece per altro fine, che per ravviluppare l'infamia da lui meditata in una tale matassa che non fosse più possibile, in qualunque caso, trovarne il bandolo. Servire al capriccio dell'Illustrissimo, non era il suo scopo. Superbo e vile nello stesso tempo, egli aveva sempre strisciato nel fango; ma in cuor suo disprezzava, abborriva coloro che stanno in alto. Entrato in grazia di non pochi signori, fra quelli che per inerzia o spensierataggine aman di trovare aperta a ogni lor cenno la borsa di qualche usuraio, egli aveva tesa intorno a una gran rete d'intrighi e di baratti; e vedendo crescer l'oro ne' suoi scrigni, agognava il momento di potere alla sua volta disprezzare, come s'era veduto per tanto tempo disprezzato e calcato nel suo niente. Così, egli s'era abituato a fare il male, colla sorda volutt

Eppure, spendereccio com’egli era per indole e per calcolo, non avea danaro che gli bastasse. Nel volger di due o tre anni dicesi avesse consumato non meno di centomila scudi, entrati per illeciti guadagni nella sua borsa.

che dal collo a ciascun pendea una tasca ch'avea certo colore e certo segno, e quindi par che 'l loro occhio si pasca. E com'io riguardando tra lor vegno, in una borsa gialla vidi azzurro che d'un leone avea faccia e contegno. Poi, procedendo di mio sguardo il curro, vidine un'altra come sangue rossa, mostrando un'oca bianca piu` che burro.

Mentre la carrozza, continuando la sua corsa, portava il barone al palazzo della Borsa, il sor Paoleto scriveva due righe nell'ufficio dell'albergo e le faceva spedire in via del Gesù. Vedendo il direttore, gli disse: Il barone Hospenthal verr