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Entro quel sangue tuo me non bagnai; tu tel bevesti, io tacqui; è ver, costretto tacqui; ma fui reo del silenzio, e il sono, finch'io respiro aura di vita. Ahi stolto, ch'io allor credetti, che Neron potria por fine al sangue col sangue materno! Veggo ben or, ch'indi ha principio appena. Ogni nuova tua strage a me novelli doni odíosi arreca, onde mi hai carco; so perché.

Tu, tu sola che amavi, e viva e rosea Del sol bevesti i luminosi rai, Tu che ne i lunghi spasimi D’intenso ardor fremesti, Tu, sanguinante ma non vinta mai, Sconosciuta e virile anima, resti!... Quando tace la terra, e nel silenzio Cala il bacio de gli astri al fior sopito, E come alito d’angeli Via per gli spazi immensi Un sospiro d’amor corre infinito, Tu in quell’alito vivi, e guardi, e pensi.

Co’ suoi tenebrosi capelli la pallida Maga t’avvinse. Tu, contro la storia e la plebe, tu, contro i destini di patria, fanciullo selvaggio, bevesti a quel bacio, a quel raggio la fede, la vita. Ed ella il tuo cuore si strinse nel piccolo pugno di fata, invincibile, invincibile, allor che, al tuo piede prostrata, susurrava: T’amo.

«E se tu ricordar non te ne puoi», sorridendo rispuose, «or ti rammenta come bevesti di Letè ancoi; e se dal fummo foco s’argomenta, cotesta oblivïon chiaro conchiude colpa ne la tua voglia altrove attenta. Veramente oramai saranno nude le mie parole, quanto converrassi quelle scovrire a la tua vista rude».

<<E se tu ricordar non te ne puoi>>, sorridendo rispuose, <<or ti rammenta come bevesti di Lete` ancoi; e se dal fummo foco s'argomenta, cotesta oblivion chiaro conchiude colpa ne la tua voglia altrove attenta. Veramente oramai saranno nude le mie parole, quanto converrassi quelle scovrire a la tua vista rude>>.

<<E se tu ricordar non te ne puoi>>, sorridendo rispuose, <<or ti rammenta come bevesti di Lete` ancoi; e se dal fummo foco s'argomenta, cotesta oblivion chiaro conchiude colpa ne la tua voglia altrove attenta. Veramente oramai saranno nude le mie parole, quanto converrassi quelle scovrire a la tua vista rude>>.

Verso la tomba scendere Io ti contemplo, o amico, Come l'ombra di Socrate, Il grande savio antico; Tu pure d'ogni infamia, Con bocca altera e muta, Bevesti in questo mondo la cicuta! Deh!... Se una pia memoria E un fervido entusiasmo, Possono ancora emergere Dall'umano mïasmo, Lascia ch'io possa volgerti Quell'arcana parola Che sa dire chi soffre e che consola.

Sia che falci, a meriggio, i prati in fiore, o ammucchi, a vespro, in auree biche il fieno, o all’ignudo poppante offra il tuo seno, o spannocchi sull’aja o lavi al fonte, ombra non v’ha che turbi la tua fronte, femmina che bevesti alle sorgenti di giovinezza, e ridi co’ bei denti di lupatta, e per tutti i sensi godi cantando sulla terra che dissodi.

«E se tu ricordar non te ne puoi», sorridendo rispuose, «or ti rammenta come bevesti di Letè ancoi; e se dal fummo foco s’argomenta, cotesta oblivïon chiaro conchiude colpa ne la tua voglia altrove attenta. Veramente oramai saranno nude le mie parole, quanto converrassi quelle scovrire a la tua vista rude».