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Aggiornato: 27 giugno 2025
Non toccarmi disse repentinamente con voce quasi sguaiata il giovine Bagliani, alzando una mano contro la bacchettina che il barone gli faceva vibrare sopra la testa.
Quando per una viottola in mezzo alle vigne sbucarono all'ombra della Cappelletta della povera mamma, Massimo Bagliani arso e trafelato si fermò, si asciugò la testa e il collo grondanti, e ruppe improvvisamente in una risata sonora, che fece tremare il volume della sua mole diplomatica. Che c'è da ridere? chiese l'amico. Lasciami ridere, caro: è una facezia. Che cosa? Questa vita. Ehm!
Sulla porta trovarono il fattorino del telegrafo. Ersilia strappò di mano al ragazzo il foglietto giallo, l'aperse con furia nervosa e lesse a voce alta: Sano e salvo. Bagliani alquanto ferito. Arrivo alle tre. Il telegramma era diretto al suo segretario, che sentì subito sotto le quattro parole una buona disposizione da parte dell'adirato genero.
Il battello appoggiò adagio adagio, scricchiolò contro i pali e la folla cominciò ad incontrarsi sul ponticello mobile. Quasi sospinto da essa e dai facchini che trasportavano i bagagli, il commendatore Massimo Bagliani si trovò, non sapeva ben dire in che modo, all'ombra d'una robinia con due mani nelle mani, davanti a un ometto vestito di grigio, che aveva lasciata crescere una barbetta crespa sopra una faccia di terra cotta, in cui brillavano due occhi neri, la faccia bruna di can barbino dell'unico e invariabile suo amico Cresti. E questi, dopo aver palpata e allacciata colle braccia la rotondit
Questo era per Ezio come un santuario: e quando, sottraendosi alle dissipazioni della vita esterna, poteva raccogliersi una mezza giornata tra le sacre memorie e metter le mani nella corrispondenza di suo padre, il giovane Bagliani sentiva dentro di sè quasi un senso di ribellione contro la miseria di quel suo vivere, tra gente fatua, che nel suo orgoglio istintivo sentiva di stimare meno dei cani.
Massimo Bagliani, rassicurato che la sua presenza in Tremezzina non sarebbe stata cagione di conflitti diplomatici, aveva scritto segretamente a Cresti che sarebbe venuto il giorno tale, l'ora tale, ma non dicesse nulla per il momento a Villa Serena, al Castelletto e in altri luoghi, volendo prima abituarsi alla respirazione della nuova aria e rientrare a poco a poco nelle antiche impressioni con quella prudenza con cui si entra in un'acqua un po' troppo fredda.
La baronessa, arrossendo, cercò di coprire un improvviso turbamento coll'esclamare: Oh ecco il mio gran malato... Hai fatto bene a uscir con questo bel tempo... Permetti una parola, Bagliani? disse con voce gelida senza turbarsi il barone, invitando il giovine a seguirlo in disparte, mentre Ersilia si attaccava, come se cercasse una protezione, al braccio robusto di Bühler.
Camillo Bagliani era stato quest'uomo. Dal giorno che con una violenza di passione aveva preso possesso di questa creatura, se n'era compiaciuto gelosamente come d'un bene dolce e arrendevole, che compensava gli acri umori del suo temperamento biliare e le asprezze della sua rapida decadenza fisica.
Quand'ebbe riconosciuto il cavalier Cresti lo pregò di presentarlo al commendatore Bagliani. Tout va comme sur des roulettes.... non c'è febbre; ma abbiamo un e...eoe di più. La debolezza dell'erre non stava mica male alla costituzione magra, sottile, allungata e di trasparenza aristocratica di don Andreino Lulli. Se per necessit
Quest'anno c'era di nuovo la presenza di Massimo Bagliani; e la polenta guarnita dei più squisiti piaceri dell'amicizia, condita dalle profumate speranze, che avrebbero portato dal Castelletto, doveva avere un sapore particolare, un sapore che il vecchio e arruffato padron di casa sentiva gi
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