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Aggiornato: 27 giugno 2025
A Massimo Bagliani, zio di Ezio, oltre a un lontano rapporto di parentela lo legava un'antica amicizia fatta a Torino, quando l'uno studiava all'Accademia militare e lui attendeva agli studi di legge.
Le peripezie amorose di Massimo Bagliani l'avevano commosso: l'ingiustizia di cui era stato vittima aveva trovato nella naturale misantropia dell'amico Cresti un terreno preparato apposta per germogliare.
Massimo Bagliani era di quegli uomini timidi, che nel fitto d'una mischia si fanno avanti per i primi. Ora hai detta una brutta parola, amico mio disse lentamente Ezio, impallidendo un poco. Ebbene la ripeto: la più indegna di te. Sei stato giovine, tu? Io? e il dabben uomo non seppe nascondere un'emozione che gl'imporporò la testa.
Le miniere gli avevano procurato qualche vantaggio e non voleva buttare il suo ai cani: mentre questo figliuolo, questo Bagliani, per poco che sapesse fare col vecchio zio, avrebbe potuto cavargli il cuore.
Il merito è tutto mio d'averlo schiodato dagli antipodi soggiunse il Cresti, che preso anche lui dalla commozione, per non saper piangere, andava movendo le gambe e agitando l'ombrello. Mia zia Matilde disse Ezio presentandola. Oh.... oh.... Matilde, vecchia conoscenza esclamò, ingrossando la voce, Massimo Bagliani per darsi della forza.
I quarant'anni non gli servivano a nulla, nemmeno di contrappeso alla paura: nulla significava la neve che il tempo aveva lasciato cadere in piccole striscie sulle tempie; sul punto d'impadronirsi di quella creatura che gli era sempre sfuggita, Massimo Bagliani, temendo di rompere un delizioso incanto e di essere incapace della sua felicit
Il barone presentò i suoi amici, il nobile Ezio Bagliani e don Erminio Bersi, al commendatore Zuccani, segretario particolare di S. E. il Ministro delle Finanze al signor Ignazio Bühler, direttore della Banca federale, presidente anche lui del club dei Canottieri di Zurigo.
Massimo Bagliani non rispose, non si mosse, ma coll'occhio rimpicciolito, con un tremito nervoso addosso che scoteva tutto il suo grosso corpo d'uomo lento e ipocondriaco, fece capire che non aveva più nulla a dire. Ma non volle stringere la mano che il giovine gli aveva stesa.
Lavora, fannullone comandò Ezio Bagliani che nella sua qualit
Allora andiamoci domani disse finalmente Massimo dopo una lunga riflessione. Massimo, fratello di Don Camillo Bagliani, più giovane di lui un certo numero di anni, poco prima della guerra del sessantasei aveva conosciuto in casa del Colonello Polony la bella Vincenzina Stellini, sorella di Matilde e se n'era perdutamente innamorato.
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