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Aggiornato: 11 giugno 2025


Ariberto non disse nulla. Cercò degli occhi il suo bastoncino d'ebano, vi si appoggiò lievemente e si rivolse a Gioconda: Ora, contessa, credo che Folco sia meno crudele di voi, certo meno severo. Egli riconoscer

Vi domando perdono, si lasciò scappare Gioconda, alzando gli occhi in volto ad Ariberto. Oh, esclamò questi, inchinandosi a baciarle la mano, non chiedetemi perdono di nulla. La colpa è interamente mia. Io sono, come dire? secco, angoloso, beffardo.... Voi siete pressochè ancora una fanciulla inesperta e le mie maniere vi sono spiaciute. Il torto era mio; voi avevate ragione....

Ariberto si piegò subito a baciarle la mano, in atto umile; tuttavia pensò ch'ella non era sincera e che fingeva benissimo.... Ma in quel punto sulla soglia del Grande Albergo comparve la figura asciutta e svelta di Nenni Forcioli. Ahi! mormorò Ariberto.

Per tal guisa, facilmente liberato dalla molestia d'una conversazione in tre, Ariberti si sentì solo colla sua dama, com'era prima, e continuò allegramente la guerricciuola delle frasi galanti. Seppe tra l'altre cose che la signora si chiamava Giselda e giurò di non aver mai sentito un nome più bello. Ed anche lui non aveva un bel nome, Ariberto?

La contessa mosse incontro a Nenni, con un'espressione di letizia, con un sorriso così limpido, che Ariberto fece girar tra le dita nervosamente il bastoncino d'ebano. Come mai? ella chiese. Io non vi aspettava più.... Se volete, torno via! disse Nenni ridendo. No, no, ve ne prego! esclamò Gioconda con involontario calore. Sedete qui, accanto a me; oggi siete la pecorella smarrita.

Se ti fa piacere il.... come ha detto Ariberto?... il favore mondiale, rispose poi, io sono certo contento: ma non avevo bisogno d'un plebiscito di questo genere per volerti bene.... Ariberto comprese che Folco Filippeschi era piccato, e mutò subito discorso. Gioconda intuì a sua volta che Folco rammentava il giuoco di casa Dobelli, l'arte di risvegliar in lui la gelosia; e si morse le labbra.

Forse anch'egli, come i tuoi, mi crede indegna perchè vengo da povera piccola gente e mi sono conservata pura tra le privazioni. Forse perchè la mia casa è fredda d'inverno e mio padre non è stato mai a Parigi, a Londra, e non si è mai ubbriacato di sciampagna? Gioconda! esclamò Folco, movendo un passo contro di lei. Non devi parlare in questo modo dei miei, di Ariberto! Te lo proibisco!...

Perbacco! si lasciò sfuggire Ariberto. Che cosa significa «perbacco»? interrogò pronta Gioconda. Ariberto si strinse nelle spalle ridendo. Non significa nulla! spiegò. Tocca a Folco dir l'ultima parola. Folco non disse, e Gioconda non domandò. Ma se Ariberto non riusciva ancora a capir bene lei, ella non riusciva affatto a capire Ariberto. Era un amico? era un nemico?

V'era un senso amichevole, un consiglio affettuoso, un tono d'esperienza. La contessa n'era rimasta colpita come da una rivelazione; aveva guardato Ariberto Puppi allora e poi, di ritorno da Perugia, con occhi di curiosit

Ariberto aveva preso congedo; intendeva prolungar di qualche ora la veglia con alcuni amici che lo avevano invitato alla loro tavola. Ma appena furono soli nell'automobile e Folco le sedette al fianco, Gioconda indovinò ch'egli era ostile, di malumore. Non ti sei divertito? ella chiese. Poco. La folla che ti guarda m'indispettisce, rispose Folco.

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