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Gli uomini son sempre contenti, quando fanno qualche cosa che richieda sforzo di muscoli; hanno così l'illusione di maneggiar la leva di Archimede e di muovere il mondo. Del resto, i giorni di buon umore non erano neppure tanto rari per il signor della Balma.

I... Lui... esse... a... sa... Luisa! proseguì il marmocchio, più contento di Archimede, quando ebbe a gridare il suo storico Eureka. Ma bravo Giovannino! gridò Laurenti, ammirato. Eccoti un altro scudo. Luisa; , proprio, Luisa! È il nome della signora? chiese Maddalena. ; rispose Laurenti, non senza arrossire un tantino.

Dovunque abbiamo tracciata, aperta la via al "bello e orribile mostro" del poeta, abbiamo eretto, lanciato sul mare, formidabili e invincibili le rocche d'acciaio, ma ai placidi e securi canali scorrenti fra le ubertose pianure, agli umili, ma fidi e provvidi amici, non abbiamo ancora rivolta la mente, il cuore.... non abbiamo dedicato le scoperte e le vittorie, tutto il progresso dell'idrografia e dell'idrostatica compiuto da Euclide ad Archimede, dai vincitori del mare sulle dune olandesi, al genio allobrogo di un Paleocapa!

Nella forza, per esempio: Milone di Crotona, che ammazzava un toro con un pugno e se lo mangiava; nella scienza, Archimede, che chiedeva un punto d'appoggio per sollevar la terra, che inventava gli specchi ustorî con cui bruciava la flotta romana; Galileo, che trovava la legge della caduta dei corpi, base della grande scoperta di Newton e che scopriva nell'infinito miriade di mondi fin allora ignoti; e Kepler che tracciava nello spazio le orbite percorse dai pianeti.

Eccola! l'isola dei portenti; la patria di Cerere, d'Archimede e dei Vespri, cioè dell'intelligenza e del valore. Archimede, prototipo dei favoriti dell'Onnipotente, trovava il globo da lui abitato cosa insignificante, paragonato all'infinito, e chiedeva una leva, il manico d'una scopa, per smuovere questo domicilio d'insetti. I Vespri! E qual popolo della terra ha i vespri?

A San Leo dunque! ed il Gesuita si sarebbe fregato le mani come le fregava Archimede nei suoi sublimi ritrovati, se certo agglomerarsi di sangue nel naso non lo avesse obligato di tener la destra occupata con un fazzoletto.

Quante fossero le parole dette dalla Verdiana, e come pungessero acerbamente il Curato io tralascio; basti sapere, che il Curato piegò il capo e pregò mentalmente che se poteva farsi quel calice amaro, cioè Verdiana, fosse rimosso da lui; sospirò; si pentì ripetendo dieci volte l'atto di contrizione; deliberò rendere i ducati. Allo improvviso fissandoli, gli parvero i trenta danari di Giuda; e, spaventato dal fine di cotesto traditore, guardò tutto rabbrividito il fico dell'orto della canonica, e si scostò dalla finestra; ma nel punto in cui stava per darsi in balìa della disperazione, ecco balenargli un pensiero nella mente: esultò come Archimede, quando ebbe trovato il modo di conoscere se nella corona di oro avessero mescolato rame; si sarebbe per l'allegrezza dato un bacio, se con le labbra avesse potuto toccarsi le gote; e sollevando la testa umiliata, a mo' di cervo che ripresa lena continua la corsa, egli disse: Uditemi, Verdiana; voi avete parlato molto e male, Dio vi perdoni. E chi vi ha insegnato a pensare tanto tristamente del prossimo... di un curato... di me?... Parvi essere io stato, per tutto il tempo che vivete con me, cosiffatto uomo da meritarmi simili rabbuffi? E se nol fui, come da un punto all'altro di vino sarei diventato aceto? Uditemi. Dal campo ha da uscire la fossa. Io e Giannicchio scerremo gli embrici e i tegoli sani dal tetto della canonica, e gli adatteremo sul tetto della chiesa: alla canonica gli riporremo nuovi: potremo tagliare sei camicie alquanto lunghe, e quando ne occorrer

Sventuratamente non potevo spiegarmi, se non col dire che anch'esse erano creature di Dio. Certo io ero guarito dell'orgasmo della mia passione. Avevo trovato quella base morale che Archimede, come sapete, propone come giusto fulcro delle operazioni umane, nessuna esclusa.