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Aggiornato: 12 maggio 2025


Ahimè! Muoio di fame muoio di sete; così non aveva da essere... impiccato a suo tempo, andava bene; io ci aveva fatto il mio assegnamento sopra... ma confessato, e comunicato; col cappuccino accanto... ogni cosa secondo le regole... Chi sei? Rispondi, e fa' presto... Eccellenza, oh! non lo sapete chi sono io? Apritemi, per carit

La famiglia de' poveri è la mia famiglia: diceva: apritemi il vostro cuore, e se non mi sar

Il diavolo che vi porti, quelle pettegole! Non sareste voi per sorte un suonator di ribeba, un suonator di cornamusa, un istrione, un menestriere? Io non son niente di tutto codesto. Apritemi il varco ed andate all'inferno. Allora venite, venite chiunque voi siate.

Avverti, che io me ne andrei in castello per avere dato ricetto a un patriarca come se' tu. In questo, che dite, trovo qualche cosa di vero: per ogni buon riguardo lasciatemi la porta aperta. Ed entrò; ma la porta girò sopra gli arpioni, e si chiuse a mandata. Don Francesco, come va che la porta si è chiusa? Vi ho inciampato non volendo. Portatemi presto il lume, e apritemi la porta.

Ho fatto bene a largheggiare nel numero, diss'ella, lodandosi un poco. Presentivo ancor io che avremmo avuto una bocca di più. Ora alle posate; saran qui nel cassetto. Bene, è anche qui il pan bigio, che mi piace tanto. Lo faremo a fette, per istenderci il miele. A voi, Maurizio; un coltello, e apritemi questa secchiolina.

Risalendo a ritroso dell’acqua giunse alla porta del Paradiso. Picchiò, ma gli venne negato l’accesso. Alessandro ripigliò colla sovrana alterigia del suo focoso carattere: «Apritemi, ch’io sono Alessandro il Grande conquistatore dell’Asia»

Quando intese che era arrivato il signor Price: «Io voglio uscire, signor ispettore, gridava essa; io voglio andarmene, voglio tornare a casa mia; mio marito ed i miei figli mi aspettanoIl cuore di donna e di madre risvegliavasi nell'ubbriacona. «Apritemi, voglio ritornare a casa!....»

Lo sa leirispose il mugnajo, contraendo il capo fra le spalle. Quattro o cinque settimane fa, una notte tardi tardi, eramo a letto, e sentiamo un cavallo arrivare: fermasi: bussano: Qualcuno, diss'io fra me, al quale faccia male l'aria di qua del Po, e voglia passarlo. Mi affaccio, domando. Chi è? Son io. Chi io? ed egli Padre (perchè m'ha sempre conservato questo nome), son Alpinolo: apritemi». Corsi io, corse la Nena, corsero Omobono e Donnino; per tutti era una festa il suo arrivo. Ripone il cavallo: entra... Se l'avesse visto! che cera! che occhi! Al figlio di mia madre non la si d

Dovessi vivere mille anni non dimenticherò mai più la voce che intesi: Myriam, sono io, ho bisogno di parlarvi. Quale follia dissi procurando di conservare un tono basso e calmo che cosa fate ancora ? Chiamo Pietro; egli non s'è accorto che eravate in casa. Non chiamate alcuno; ho bisogno di parlarvi, ve l'ho detto. Accorgendosi che esitavo, imbarazzata, Egli soggiunse: Apritemi, ve ne prego.

Marianna tornò alla rivolta. No, no! urlò essa. Mi toglierete prima la vita. E fattasi pavonazza in volto, gli occhî lampeggianti, digrignando i denti, la schiuma alla bocca, si slanciò di nuovo contro Emilio, gridando: Apritemi... aprite quella porta... Voglio uscire, lo voglio! Egli la respinse con un forte pugno nel petto. Non vuoi darmela quella chiave?... Ebbene, io ne farò senza.

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