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Aggiornato: 11 maggio 2025
Queste parole, presso a poco, mi parve di sentire dal cupo fondo della mia umiliazione. E non osai più aprir bocca. Vittor Hugo, poco dopo, cambiò di posto, le conversazioni parziali tornarono a confondersi in una sola: l'occasione era perduta. Ma mi consolai presto. Vittor Hugo ricominciò a parlare, ed io socchiudendo gli occhi e guardando in alto, per essere un po' solo con me stesso, cominciai a riandare tutte le belle emozioni di cui ero debitore a quell'uomo, accompagnando il mio pensiero al suono dolce e grave della sua voce; e pensavo alle letture di Notre Dâme fatte di nascosto dietro i banchi della scuola, alle tante volte che avevo baciato i volumi delle Contemplazioni sotto un capanno di gelsomini, nel giardino della mia casa paterna; ai versi suoi che solevo declamare sotto la tenda, di notte, in mezzo al silenzio degli accampamenti; al batticuore che avevo provato la prima volta che m'era caduto sotto gli occhi un suo informe ritratto in litografia; all'immensa distanza che sentivo tra lui e il mio desiderio di conoscerlo, nella piccola citt
I mesi più dolci per Bice erano quelli del mare e della campagna: Prinetti aveva una masseria vicino alla loro villa, De Nittis arrivava spesso in visita restandovi per intere settimane, mentre il dottore compariva appena qualche volta a pranzo, sempre d'improvviso, per ritornare subito ai propri ammalati. In quella salute dei campi anche Bice rifioriva. Il suo temperamento forse un po' frigido, lungi dal turbarsi all'immensa suggestione amorosa di tutte le piante, pareva invece farvisi più limpido e soave. Due volte Lamberto venne in permesso da Modena senza che Bice se ne mostrasse alterata: anzi il suo contegno affettuoso ma calmo mise l'altro in soggezione. Che cosa era accaduto? Il loro matrimonio non era gi
Pietro Froment, non più abate; ma padre di una bella creatura, prende in braccio il figlioletto Giovanni, e lo leva in alto quasi in offerta all'immensa Parigi sementata dai raggi del divino sole, d'onde nascer
Il guanaco, questo curioso campione della fauna americana, grande come un puledro, mezzo pecora e mezzo dromedario, è il filosofo della razza ruminante. Vive sempre solo, osservando freddamente il mondo dall'alto del suo lungo collo flessuoso che par fatto apposta per dominare la pianura, per porre gli occhi in vedetta di fronte all'immensa distesa della Pampa.
S'è proclamato, voi dite, in faccia all'Europa che le condizioni d'Italia abbisognano d'energici rimedî. Signore! Il proclama che voi attribuite alla politica del marchese d'Azeglio e alla vostra, s'è scritto e si scrive, da oltre mezzo secolo, col sangue dei mille martiri, che dai Napoletani del 1799, a PISACANE ed ORSINI, spesero la vita combattendo, o sul palco; e non uno è vostro: la spesero, i più, in nome della FEDE REPUBBLICANA, tutti in nome della grande Idea Nazionale. Voi, spronato, costretto dal loro sagrificio a balbettare qualche timido, incerto lagno sulle condizioni d'Italia, avete rimpicciolito il grido potente, che viene dai loro sepolcri, a sommessa e codarda preghiera; avete, all'immensa aspirazione nazionale, al sacro e veramente divino DIRITTO d'Italia, ch'essi rappresentarono in vita ed in morte, sostituito l'immorale, disonorevole massima che anche dai nostri tiranni noi possiamo, quasi mendicata elemosina, ottener libert
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