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Aggiornato: 17 maggio 2025


"La face della discordia arde tra loro, continuò Volfango: le dispute di religione cangiate in aspre risse hanno fatte impugnare le armi agli abitanti delle Elvetiche valli, e le nuove dottrine si spandono col sangue e colle stragi. Zuinglio combatte Lutero, ed un nuovo riformatore, Calvino, si oppone ad entrambi. Berna e Zurigo, le più potenti, hanno distrutte ed arse tutte le sacre insegne del Cattolicismo: Lucerna, Svitz, Uri ed Underval, fide ai precetti di Roma, si danno mano per sterminare l'eresia. Uomini stranieri di varii partiti aizzano l'ire soffiando nelle fiamme dell'odio e della vendetta; intanto Carlo rammenta l'antica potenza de' Duchi d'Austria in quella terra, e la Francia non dorme: e voi, siatene gioioso, o Castellano, poichè soccorsi d'uomini d'oro più da col

Ma ripigliaronsi in pochi le fatiche dell'arme, come vedeansi per lo stretto le nemiche navi a stuoli ritornar da Catona ai vari porti del regno. Era entrato il nove ottobre in Messina con ventidue galee catalane Giacomo Perez, natural figliuolo del re; e altre quindici delle disarmate in quel porto n'avea fatto allestir Piero tra gli stessi primi festeggiamenti. Accozzate in tutto cinquantadue navi da battaglia, diè dunque principio a travagliare il nimico, non ostante la disuguaglianza delle forze; ma pensava esser quello scoraggiato e discorde, i suoi in su la vittoria. ascoltò chi sconsigliava quest'impresa; montò ei medesimo sulle navi catalane; arringò alle ciurme; nel nome di Dio le benedisse promettendo vittoria, e sbarcò. Il undici ottobre, tornando i Catalani dall'inseguire invano un primo stuolo angioino pe' mari di Scilla, avvistatone un altro più grosso verso Reggio, mettono insieme coi Messinesi l'armata; contro vento e corrente vogan robusti sopra gli avversari. A ciò salito in furore re Carlo, facea tutte escir le sue navi al numero di settantadue, ma bene in attrezzi, in uomini; donde sbigottite a quel difilarsi de' nostri destri e bramosi della zuffa, rifuggironsi a terra. Spintesi allor le catalane e siciliane navi fin sotto le fortezze, chiamano a battaglia i nimici; li aizzano con le ingiurie; sfidanli coi tiri delle saette; traendoli fuori con ciò, tornansi bravando a Messina. Tre appresso, salpati da Reggio quarantotto legni, perchè speravan che il vento ripingesse in porto l'armata di Sicilia, essa li investì con tanta virtù sua e scoraggimento degli avversari, che una schiera di quindici galee nostre, trovandosi innanti nella caccia, pur sola diè dentro, e ventidue ne prese tra di Principato, marsigliesi e pisane. Quando di Calabria videro ingaggiare l'inegual conflitto, ch'era presso il tramonto del , non tenendo dubbia la vittoria, con luminarie la festeggiarono; onde molta ansiet

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