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D'Esclot, cap. 68, 69, 70. Geste de' conti di Barcellona, cap. 28, nella Marca Hispanica di Baluzio, ed. 1688. Montaner, cap. 10, 13, 14. D'Esclot, cap. 65, 67, 74. Geste de' conti di Barcellona, loc. cit. Bart. de Neocastro, cap. 16. Veggansi anche, Montaner, cap. 37. Saba Malaspina, cont., pag. 342. Geste de' conti di Barcellona, cap. 28, loc. cit. Saba Malaspina, cont., pag. 340 a 342.

I; . un altro che fe' pagar dall'erario regio once cento prestate a Landolfina da un Caracciolo, che è citato ne' Discorsi di don Ferrante della Marra, Napoli, 1641, pag. 154, ed è tratto come i precedenti dal. r. archivio di Napoli, reg. segnato 1269, C, dove quelli si leggono a fog. 118 e 214, e questo a fog. 211. Surita, Ann. d'Aragona, lib. 4, cap. 13. Saba Malaspina, cont., pag 340 a 342.

In Luca Wadding, Ann. Minorum, tom. III, p. 340, §. 13. Dante Alighieri, De Vulgari Eloquio, lib. 1, cap. 12. Nic. Speciale, lib. 1, cap. 3. Bart. de Neocastro, cap. 13. Nic. Speciale, lib. 1, cap. 3. Nic. Speciale, lib. 1, cap. 2 e 4. Epistola de' Siciliani a papa Martino, nell'Anonymi Chr. sic., cap. 40, l. c. Bart. de Neocastro, cap. 13. Docum.

³⁹⁰ Iulian., 340, 20 sg. ³⁹¹ Iulian., 342, 7 sg. Per sentire quanto v’ha di strano e di interessante in queste considerazioni e in quest’aspirazione alla vita tranquilla e serena del filosofo, dobbiamo ricordare che ci vengono da un uomo il quale si era accinto alla più arrischiata delle imprese, un uomo che, dal fondo della Gallia, era venuto, con una piccola schiera, ai Balcani, onde strappare al cugino Costanzo la corona imperiale. Come mai un uomo siffatto, appena raggiunto lo scopo, si abbandonava allo scoraggiamento, al desiderio di solitudine studiosa? Certo, Giulio Cesare, passato il Rubicone, Bonaparte, dopo il 18 brumajo, si sarebbero espressi come Giuliano. Che vi sia, nella lettera a Temistio, come in tutti gli scritti di Giuliano, una parte la quale non è che un esercizio scolastico non lo si potrebbe negare. Ma, pure, chi legge questa lettera sente che la tesi non è inventata a freddo, e riproduce veramente una data condizione di spirito. Giuliano era essenzialmente un’anima contemplativa. Non era un ambizioso; non fu il desiderio del potere che lo spinse alla sua perigliosa avventura. Se non ci fosse stato un movente d’ordine ben diverso, egli forse non si sarebbe mosso dalla Gallia, e non avrebbe accettata, dai suoi soldati, la dignit

Morto Costantino nel maggio del 337, Atanasio ritornò trionfante in Alessandria, e riprese il suo ufficio. Fu il segnale di una nuova tempesta. Atanasio, che, certo, non era un uomo tollerante, depose dagli uffici ecclesiastici tutti coloro che erano stati suoi avversari e li sostituì con amici, infiammando sempre di più la collera degli Ariani. Sul trono di Costantinopoli sedeva Costanzo, semiariano, il quale non vedeva che con gli occhi di Eusebio. Mandò, pertanto, ad Alessandria un nuovo vescovo Gregorio, e lo fece accompagnare da una scorta militare, onde imporlo con la forza se si trovasse resistenza. Infatti, la venuta di Gregorio fu causa di sommosse e di scene di violenza. Ma Atanasio vedendo inutile ogni sforzo, nel marzo del 340, partiva, pel suo secondo esiglio, e si recava a Roma presso il vescovo Giulio. In Occidente, Atanasio trovava amici ed appoggio, cominciando dall’imperatore Costante che, diversamente del fratello Costanzo, era propenso all’ortodossia. Per cinque anni, l’infaticabile Atanasio, protetto dall’imperatore, si agita a difesa ed a gloria della fede da lui professata con eroica convinzione. A Milano, nelle Gallie, ad Aquileja, egli è il legislatore religioso. Ma, intanto, anche in Oriente, le cose volgevano al meglio per lui. Costanzo, stimando conveniente di non staccarsi troppo aspramente dal fratello, accennava ad un più mite contegno; così che, morto nel 345 il vescovo Gregorio, Atanasio potè presentarsi a Costanzo in Antiochia, ed ottenere da lui di esser ripristinato nella sua sede di Alessandria. Nel 346, egli, infatti, vi rientrava fra il giubilo del popolo. Ma la pace ebbe breve durata. Morto Costante nel 350, Costanzo non ebbe più ritegno a parteggiare per l’Arianesimo. E, di conseguenza, ricominciò la guerra contro Atanasio, accusato di essere il disturbatore della tranquillit