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Aggiornato: 30 aprile 2025
Defunto il Doge Giustiniano nell'anno 1688 in mezzo alle glorie delle armi, la elezione del successore cadde sul generalissimo Francesco Morosini, amando la patria di coronare i meriti di lui alla più eccelsa dignit
Il re e i suoi dottrinari non erano disposti a secondare la rumorosa corrente bramosa di guerra. Erano troppo chiaroveggenti per non discernere, che un'impresa di conquista sul Reno avrebbe sommerso la stessa corona borghese: «la guerra è la rivoluzione», soleva dire Luigi Filippo: ed erano troppo freddi e pedanti calcolatori, per avvertire e intendere in qualche modo il movente generoso, che si nascondeva indubitabilmente nel delirio della brama di guerra. Si chiarì, purtroppo, anche rispetto alle questioni estere, quanto fossero insostenibili le dotte comparazioni tra il 1688 e il 1830. Laddove la gloriosa rivoluzione inglese era maturata in virtù del favore datole dall'Europa settentrionale tutta protestante, la quale aveva ricondotto quasi spontaneamente lo stato, da una condizione malsana di vassallo, entro la cerchia dei suoi alleati naturali, all'opposto la Francia moderna all'estero era del tutto isolata. Il governo si ostinava sconsigliatamente a tenere una situazione mediana fra i trattati del 1815, che non poteva annullare, e la Rivoluzione, che non poteva interamente rinnegare quale suo terreno originario. In una situazione siffatta, il regno continuò, come sotto i Borboni, a non godere di alcuna autorit
Nel 1688, ducante Francesco Morosini, uscirono dalla veneta zecca tali monete, che 2 e mezza d'esse uguagliavano uno zecchino, e delle quali ciascuna equivaleva a lire 10 di Dalmazia o lire 6. 16 di Venezia, perché allora nella capitale lo zecchino andava a lire 17, nelle province a lire 25.
Il raffinato e dotto acume riprincipia anche qui il suo gioco con le comparazioni storiche. Forse che non si erano ripetuti, fino ai particolari più minuti, tutti gli eventi che avevano preceduta la gloriosa rivoluzione inglese? Qui come lì regna, aliena ai tempi, con l'appoggio straniero, una dinastia prossima ad estinguersi; qui come lì vediamo una nazione, che sopporta longanime il disordine inveterato, perché vicino alla corona è un principe che può subito portare sul trono sangue giovine e idee moderne; finché, sia nell'uno che nell'altro paese, la nascita inaspettata di un successore legittimo al trono minaccia tutt'a un tratto di perpetuare la dominazione dell'antica casa odiata. In questi tempi tanto cólti non è forse permesso di calcolare il movimento della vita politica con altrettanta sicurezza, come il decorso di una ecclissi di luna? Non era fuori dubbio, che la Francia aveva trovato nel duca di Orléans il suo Orange e nella grande settimana il suo 1688: un raffronto che il Nain jaune aveva gi
D'Esclot, cap. 68, 69, 70. Geste de' conti di Barcellona, cap. 28, nella Marca Hispanica di Baluzio, ed. 1688. Montaner, cap. 10, 13, 14. D'Esclot, cap. 65, 67, 74. Geste de' conti di Barcellona, loc. cit. Bart. de Neocastro, cap. 16. Veggansi anche, Montaner, cap. 37. Saba Malaspina, cont., pag. 342. Geste de' conti di Barcellona, cap. 28, loc. cit. Saba Malaspina, cont., pag. 340 a 342.
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