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3 Ben spero, donne, in vostra cortesia aver da voi perdon, poi ch'io vel chieggio. Voi scusarete, che per frenesia, vinto da l'aspra passion, vaneggio. Date la colpa alla nimica mia, che mi fa star, ch'io non potrei star peggio, e mi fa dir quel di ch'io son poi gramo: sallo Idio, s'ella ha il torto; essa, s'io l'amo.

Ditemi dove son, chi qua mi trasse, Se vero è quel ch'io veggio, Se sogno, se son desto o se vaneggio. Risolver non osa Confusa la mente, Che oppressa si sente Da tanto stupor. Delira dubbiosa, Incerta vaneggia Ogni alma che ondeggia Fra' moti del cor. COS. Giusta è la tua richiesta. A parte a parte Chiedi pure, e saprai Quanto brami saper. FOR. , ma sian brevi, Scipio, le tue richieste.

«Signore, che cosa ho detto? Compassione, compassione di me! O Madonna, per l'amore che vi ho portato, per l'amore che vi porto, perdonerete voi il bestemmiatore? Non v'accorgete che io vaneggio? Non v'accorgete che io sono un pazzo, un povero pazzo moribondo, doppiamente lamentevole e degno di piet

Era il rimorso del ritorno o il dilaceramento dell'addio? Il duca trattò Vitaliana come Morella. Vitaliana, confusa, fuori di , abbagliata, colpita, intravide degli orizzonti d'amore sconosciuti, e réva vaneggiò! L'indomani, alle 9, il dottore di Nubo si presentò. Il duca di Balbek si trovò rigettato nella realt

Dolce amor, dolce musa: e non vaneggio; non è 'l mio sogno; no, che viva e vera ti veggio alma mia diva; e tal ti scorgo qual ti scorgono e Febo e tue sorelle a l'onde di Permesso; e qual ti scorge la sorella di Febo entro al suo giro. Quant'è la gioia mia?

Non attender la forma del martìre: pensa la succession; pensa ch’al peggio oltre la gran sentenza non può ire. Io cominciai: «Maestro, quel ch’io veggio muovere a noi, non mi sembian persone, e non so che, nel veder vaneggio». Ed elli a me: «La grave condizione di lor tormento a terra li rannicchia, chemiei occhi pria n’ebber tencione.

Ma che parl'io? che fo? dormo o vaneggio? son col core al mio bel sole intento ch'ad alta voce ancor chiamo e richiamo, e pur or sommi accorto ch'è tant'alto sorto 'l sol del mio sol sola sembianza.

APOLLIONE. Tu dunque sei Carisio mio fratello? o che dolcezza è questa! sogno io o vaneggio? GERASTO. Ah, ah, ah! NARTICOFORO. Ah, ah, ah! certo che sogni e vaneggi. APOLLIONE. Per che cagione? GERASTO. Questi che voi non conoscete, si trasforma in qualunque uomo ei vede: per uscir dall'intrigo dove adesso si ritrova, subito s'ha finto tuo fratello.

Bandino. Ah, mi pareva d’averti perduta, e ti ritrovo! Mortella. Devi ritrovarmi. Non dubitarne. Sii certo che ti attendo. Bandino. Dove? Mortella. Non posso dirtelo ancóra. Se tu lo sapessi, forse correresti prima di me. E bisogna che io ti risparmii. Bandino. Sorella, povera sorella, perché ti smarrisci? Mortella. Credi che vaneggio?

A questo dir, tutta agitata, ardente L'afflitta donna sollevossi in piede, E verso il suo signor mosse repente, E con tai note a ragionar si diede: Vaneggio io forse nel gran duol presente? O senza inganno lo mio sguardo or vede? Se sei vero Ottoman, perchè ritorni? Quale è la vita tua? dove soggiorni?