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Credi per certo che se dentro a l’alvo di questa fiamma stessi ben mille anni, non ti potrebbe far d’un capel calvo. E se tu forse credi ch’io t’inganni, fatti ver’ lei, e fatti far credenza con le tue mani al lembo d’i tuoi panni. Pon giù omai, pon giù ogne temenza; volgiti in qua e vieni: entra sicuro!». E io pur fermo e contra coscïenza.

Savia non fui, avvegna che Sapìa fossi chiamata, e fui de li altrui danni più lieta assai che di ventura mia. E perché tu non creda ch’io t’inganni, odi s’i’ fui, com’ io ti dico, folle, gi

Credi per certo che se dentro a l’alvo di questa fiamma stessi ben mille anni, non ti potrebbe far d’un capel calvo. E se tu forse credi ch’io t’inganni, fatti ver’ lei, e fatti far credenza con le tue mani al lembo d’i tuoi panni. Pon giù omai, pon giù ogne temenza; volgiti in qua e vieni: entra sicuro!». E io pur fermo e contra coscïenza.

No, no, t’inganni. Non tento di salvarmi, non voglio essere salvata. Non vedrò la luce di domani. Non penso che la mia miseria potrebbe sopportarla, come tu non pensi che il tuo odio possa renderti quel che hai perduto. Non sono all’orlo del buio ma gi

Credo che parli in sogno. Signora Renzi Clelia Beatrice , parla in sogno.... Signora Renzi Beatrice Eccomi.... Clelia Beatrice C’è qui una donna che desidera parlarvi. Signora Renzi Dov’è? Clelia Signora Renzi Vi conosco. Clelia Supponevo, pur troppo, d’essere da voi conosciuta di nome, ma.... Signora Renzi Beatrice Signora Renzi T’inganni.... Beatrice Ma questa donna? Signora Renzi

Sempre dinanzi a lui ne stanno molte: vanno a vicenda ciascuna al giudizio, dicono e odono e poi son giù volte. «O tu che vieni al doloroso ospizio», disse Minòs a me quando mi vide, lasciando l’atto di cotanto offizio, «guarda com’ entri e di cui tu ti fide; non t’inganni l’ampiezza de l’intrare!». E ’l duca mio a lui: «Perché pur gride?

Sempre dinanzi a lui ne stanno molte: vanno a vicenda ciascuna al giudizio, dicono e odono e poi son giù volte. «O tu che vieni al doloroso ospizio», disse Minòs a me quando mi vide, lasciando l’atto di cotanto offizio, «guarda com’ entri e di cui tu ti fide; non t’inganni l’ampiezza de l’intrare!». E ’l duca mio a lui: «Perché pur gride?

Savia non fui, avvegna che Sapìa fossi chiamata, e fui de li altrui danni più lieta assai che di ventura mia. E perché tu non creda ch’io t’inganni, odi s’i’ fui, com’ io ti dico, folle, gi

(scoraggiata) No, no, Mario, t’inganni, t’inganni. Io non ti nego che tu pensi quel che è più verosimile, ma te l’ho giurato tante volte che sinora