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Guarda, hanno tutti capito! Vogliono tutti essere scelti. Quello si chiama Bianchetto. Quello Lulù. Ecco Pagiolin! Scegli Pagiolin! E' il più forte, il più intelligente. Pagiolin si lasciò prendere, felice, con un vuruuuuu vuruuuuu vuruuuuu melodiosissimo, di mano bagnata che freghi un giunco. Tre battevano la testa contro il legno della gabbia con furia invidiosa.

Ad un tratto sente sotto di un gorgo che lo pompa, e da destra a sinistra, sente cento mille mille mille zanne di pioggia e un mitragliamento di grandine. Pagiolin non perde la calma. Fiuta, e decide di salire ancora. Una battaglia ferocissima di vento lo fa traballare.

Oh! me ne intendo, me ne intendo, grida Pagiolin; io che sono il miglior cantore della colombaia. Col mio canto ho innamorato di me la bella Vluruuum. Che ridere! Bianchetto e Lulù non sanno cantare come me... Lo ha detto la moglie del colonnello, quella bella signora vestita di colori rumori fruscianti.

Gli rammenta Krukrù, colombo dell'equatore che aveva pure le penne a spirali, ma bianche. Morì un anno fa in colombaia il povero amico! Pagiolin gli voleva bene e l'inverno molte volte aveva lisciato e riscaldato col becco le povere penne freddolose. Nella luce sembravano d'argento. Il Sole è però un colombo enorme le cui penne spiraliche d'oro potrebbero covare una montagna!

Il capitano introdusse il piccolo foglio in un tubetto di mezzo centimetro di diametro, lo chiuse introdusse il tubetto in un altro munito di due branchette di alluminio. Pagiolin si lascia torcere le due branchette che ecco stringono la sua zampetta destra. Guarda... mi dice Raby, i muscoli forti delle ali. Con qualsiasi vento, 60 chilometri all'ora!

Ad ogni minuto, Pagiolin che ha tenuto fino ad ora le ali chiuse, tenta gli spessori del vento con una cauta mossa dell'ala destra. A poco a poco, gli spessori rallentano la stretta. Si slabbrano davanti dei piccoli varchi di azzurro. Pagiolin vorrebbe raggiungere il sereno, ma teme di smarrirsi sul mare. E' tardi! E' tardi!

Per alcuni minuti Pagiolin seguì una impetuosa corrente gelatissima, che con ritmo uguale lo trascinava. Ora rideva della sua paura di poc'anzi. Ad ali aperte filava con crescente velocit

Pagiolin sognava la tragedia della grande aquila di ferro e tela salvata dalla ferocia dei venti. Il quattro novembre al tramonto, sulla strada di Chiusaforte, nella mia blindata ferma prua che divideva il nerastro filosofico puzzolente fiume di prigionieri austriaci.

A sinistra giù giù, ecco dove bisogna volare! Su quei fogliami dove l'aria è immobile e più giù ancora su quegli orti dove l'aria è un letto di piume. Quel fresco odore di insalata e i filamenti di profumo di quel giardino pieno di rose, e quel rimescolio d'odori cotti che con rumore di stoviglie grasse sale da quel villaggio. Non è sgradevole quella acredine di fieno, anzi eccitante! Pagiolin la beve, a becco aperto, nel rasentare a precipitosa velocit

Sembra quella strana costruzione di originalissima colombaia di tela su palafitte piena di uomini nudi che egli aveva ammirato in un'alba famosa sulla costa di Pola dove aveva viaggiato nascosto e talvolta al balcone della tasca d'una spia italiana! Ma come diavolo ora volava quella strana colombaia di tela? Pagiolin la osserva a cento metri su di . Non è una colombaia di tela!