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La quadratura di spalle rudi e maschie del capo di tutti gli uomini che il giardiniere chiama: Badoglio. Pagiolin lo ammira chino su una grande carta rossa, blu, rosa, illuminata.

Con allegria pazza due volte, tre volte, quattro volte Pagiolin capriolò abbandonando le ali come un nuotatore nell'onda e nella schiuma del canto. Poi giù a capo fitto nel suono più denso. Le sue ali sfioravano le lunghe corde d'oro tese dai raggi solari. Ruzzolò giù. Era troppo ebbro e il sudore gli scorreva sugli attacchi delle ali. Come mai ho dimenticato la mia santa missione?

Pagiolin ha molto meditato, e finalmente compreso la bont

A mille metri, in alto, davanti a , Pagiolin vede una macchia nera che gli viene incontro rapidamente. Ingigantisce, ingigantisce. Non è un nuvolone, non è uno spessore d'aria.

Sopra quella carta misteriosa vi sono delle forme simili a quelle che fanno gli sterchi di Pagiolin cadendo sull'impiantito della colombaia, quando appollaiato in alto gode il tepido rosmarinato pomeriggio, liberandosi il ventre dal peso soverchio.

Pagiolin non esita più. A destra, a destra, con raddoppiata frenesia di ali, vince rimbalzato, rimbalzante, vince travolto e resistente, la grande corrente gelata. Questa decresce sugli orli, cede, cede. Pagiolin è fuori. Schizzando via si slancia in una atmosfera quieta come una morbida amaca smisurata.

E' vestita anche lei di penne, ma morbide, morbide che il giardiniere chiama seta, velluto, pelliccia... Nel muoversi intorno alla colombaia la signora batteva le mani con gioia dicendo: «Pagiolin, Pagiolin, tu sei il primo cantore!» e mi regalò un miglio speciale! La sua veste di seta e velluto cantava come me e come il Sole. Il Sole però tuba più forte di noi!