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Noi dobbiamo molta gratitudine a questi martiri del lavoro, i quali sono esposti continuamente ai più gravi pericoli: Ora, una sorgente inonda improvvisamente la mina e annega i minatori: ora li sotterra una frana... e tutti gli anni, migliaia e migliaia d'uomini muoiono così!

Non appena la mina ebbe scoppiato, una valanga di forsennati precipitò dai monti sulla destra dei nostri. Urlavano come belve, mentre fulminavano stando dietro le piante una grandine di fucilate. Fortuna per i liberi che i cafoni non erano destri a sparare il fucile. Non così i cacciatori borbonici.

Rientrò tardi, molto distratto e silenzioso. Egli meditava le proposizioni, cabalistiche allora per lui, seimila ducati per esser vescovo! un secreto di Stato! un servizio alla polizia! un confessore per sua sorella! una mina!... Ei levò la testa e scorse in faccia a lui Bambina che lavorava. Ei la contemplò lungamente. La vedeva forse per la prima volta.

E non aveva forse veduto che il posto era preso? L'andava dunque da galeotto a marinaro. Quegli aveva scavato la mina, ed egli la contromina. Non si trattava adunque d'altro, che d'una astuzia di guerra. Almeno, il nostro eroe la gabellava per tale, forse per soffocare il rimorso.

La sola fazione che rispose ai biechi intendimenti, degna certamente de' suoi autori, e di che si compiacque il Cucchi e mandò a farne i suoi rallegramenti, fu la mina fatta scoppiare sotto la caserma Serristori.

Il titolo principale di accusa è Di promossa insurrezione contro il Sovrano ed il Governo con apprestamento di mina alla caserma Serristori con omicidi e ferimenti.

E i tiri di fucile li fecero i poveri Romani e si batterono senz'armi per le strade contro l'immensa soldatesca ben armata e birri e preti e frati pure in armi e fecero saltare una caserma di zuavi con una mina e col solo coltello pugnarono da disperati contro la famose carabine dei mercenari.

La prova generica dell'esistenza del titolo d'accusa la offre il fatto stesso dello scoppio della mina avvenuto nella sera del 22 ottobre, e del rovinio di un angolo della caserma che ne seguiva coll'eccidio e col ferimento di molti individui.

N. Colajanni: Il socialismo. Catania 1884 p. 350 a 352 e 393. Al generale Corsi, che paragonò la Sicilia a una mina gi

Stretto da nuove insistenze, e suggestioni, Monti raccontò il fatto della mina in tutta la parte che lo riguardava, tacendo assolutamente quanto avevano operato i suoi compagni, guardandosi bene dal pronunziare il loro nome.