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Quel giorno pranzai all'albergo del Marcuccio in compagnia dell'Ascolana. Prevedendo i pericoli che in quella sera mi minacciavano, la pregai di non intervenire allo spettacolo indi attesi rassegnato l'ora di recarmi in teatro. Il sole volgeva al tramonto, quando un messo del sindaco, accompagnato dall'ottimo sagrestano, recommi le chiavi del teatro.

Apersi la porta; il Birecchi mi apparve sulla soglia nella marziale attitudine di un... cavadenti. Signor forestiere, una buona notizia per voi! Che! il blocco sarebbe levato? Vi ha di meglio. Una bella signora, proveniente da Ascoli, ha preso alloggio all'albergo del Marcuccio e fra pochi giorni si metter

Restava Giulietta in mezzo a Romeo, e ad uno, chiamato Marcuccio il guercio, che era uomo di Corte molto piacevole e generalmente molto ben visto per i suoi motti festevoli e per le piacevolezze ch'egli sapeva fare; perciocchè sempre aveva alcuna novelluccia per le mani da far ridere la brigata e troppo volentieri senza danno di nessuno si sollazzava............. Giulietta, che dalla sinistra aveva Romeo e Marcuccio dalla destra, come dall'amante si sentì pigliar per mano, forse vaga di sentirlo ragionare, con lieto viso alquanto verso lui rivoltata, con tremante voce gli disse: benedetta sia la venuta vostra a lato a me!

Lagrime di tenerezza mi piovvero dalle ciglia quando, giunti all'albergo del Marcuccio, dovetti accommiatarmi da quei bravi e generosi amici, e ricevere il bacio d'addio, e udire le schiette parole di benevolenza che i Romagnoli ed i Marchigiani profferiscono con tanto di cuore. All'indomani, verso le quattro del mattino, io salii coll'Ascolana nella vettura del Marcuccio.

Il sagrestano prese gli scudi, mi gettò le braccia al collo, e dopo un ultimo bacio se ne andò singhiozzando. Io salii nella vettura; il figlio del Marcuccio arringò le sue bastie; e partimmo alla volta di Macerata. Colle Fiorito.

All'indomani, il Marcuccio, figlio dell'oste, mi condusse colla sua vettura verso il confine; ma, a cento passi da S. Benedetto, le guardie napoletane, avvicinatesi agli sportelli, m'intimarono d'arrestarmi. Vorrei parlare al signor Commissario superiore. Debbo consegnargli una lettera del signor marchese Laureati suo ottimo amico e protettore...

Poichè i due messi furono partiti, mi feci recare dal Marcuccio quattro bottiglie di vino: le collocai in un paniere coi moccoli e le chiavi, indi, recatomi il paniere sottobraccio, tutto solo, a lenti passi mi avviai verso il teatro, ove mi chiusi, e cominciai a prepararmi alla rappresentazione, vuotando d'un fiato una bottiglia. Alle otto ore la sala era illuminata.

Mi appoggiai al di lui braccio, e usciti entrambi dal convento, in meno di un quarto d'ora giungemmo all'albergo del Marcuccio. Il Birecchi si fece tosto annunziare alla signora, e poco dopo il figliuolo del Marcuccio ci introdusse nel di lei appartamento. Entrammo in una cameretta rischiarata da pallida luce. La donna era coricata.

Sennonché, qualora la terminazione surriferita avesse effettivamente avuto esecuzione, sarebbe molto difficile che non si fosse conservata fino a noi alcuna moneta di Modon o di Coron, battuta sotto Pietro Gradenigo e sotto i costui successori fino ad Andrea Dandolo. Eppure a nessun pezzo di Pietro Gradenigo, di Marin Zorzi, di Giovanni Soranzo, di Francesco Dandolo e di Bartolomeo Gradenigo non puossi applicare il nome di tornese; dal disegno prender argomento a tenerli altrove battuti che nella zecca di Venezia. Escludendo il ducato d'oro che si possede di que' dogi, le monete conosciute di Pietro Gradenigo sono le seguenti: il [I[piccolo]I] coniato la prima volta da Sebastiano Ziani sul modello de' denari imperiali, il [I[grosso]I] cuso primamente da Enrico Dandolo, il [I[marcuccio]I] di bassissima lega che pure avea dato fuori il doge vincitore di Costantinopoli, il doppio[I[ quartarolo]I] e la sua unit