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Mentre discorreva, lo vedevo tendere l’orecchio come a suoni lontani, poi scattò in piedi e disse:

Abarima levò la fronte e tese l’orecchio.

I nostri Dottori interpretano così questo atto che sembra strano: «Per quale motivo la legge ordina di offendere l’orecchio a preferenza di qualunque altro membro?

Mortella. Bene. La Salvestra. Quella febbretta è caduta, le sembra? Mortella. . La Salvestra. Non si sente più bruciare? Mortella. No. La Salvestra. Ha la fronte un po’ sudaticcia. Desidera qualche cosa? Mortella prende una fiala d’essenza, ne versa nel fazzoletto, lo fiuta, si terge la fronte, il collo sotto l’orecchio. Mortella. Ho sentito battere all’uscio. La voce di Giana.

Di più nell’osteria c’era una camera dove non era mai entrata anima viva e dove tutte le sante notti dell’anno il lume durava acceso fino alla mattina. Gli anziani del paese raccontavano che anche quand’era giovane e bella da dipingere, Mademoiselle aveva l’occhio vitreo e l’orecchio sempre teso ad ascoltare le voci.

Conte Ugo tese l’orecchio, e tra gli ululati del vento gli parve di udire il riso stridulo e beffardo del pellegrino. Prese allora una determinazione; messe la mano sull’elsa della spada; tastò la guaina del pugnale, come per sincerarsi che non gli mancavano le armi, ed uscì speditamente dalle sue camere. La sala era deserta, fredda e presso che buia.

Come fui in letto ed ebbi spento il lume, dopo lo sbattere di qualche uscio e lo stridere di qualche chiavistello, tacque nella casa ogni rumore di esseri viventi; solo saliva dal basso un mormorìo sordo e continuo, che sulle prime attribuii al torrente vicino. Ma a mano a mano che tendevo l’orecchio per accertarmi della sua essenza mi persuadevo che non era rumore d’acqua. L’acqua dei torrenti montani non manda il suono eguale che sogliono i larghi fiumi delle pianure; a volte leva la voce, a volte l’affievolisce, di quando in quando sembra mutare di letto e precipitando per nuovi dirupi schiaffeggiare delle roccie non mai prima bagnate, poi torna al corso di poc’anzi se non che ad un tratto diresti che apra dei gorghi improvvisi e vi si sprofondi borbottando. Talora la sua voce è così fioca che pare silenzio; allora occorre un atto determinato della volont

E porgendo l’orecchio:

Ore dolci, ore divine di un colloquio che nulla turba, sguardo importuno, minaccioso rumore di passi vicini! Ore in cui l’anima, sciolta d’ogni sospetto, si espande rigogliosa e distende i rami flessuosi, all’ombra de’ quali due vite confidenti riposano! È sonno o veglia? È vita o visione? E quei nonnulla che labbro mormora a labbro, che l’orecchio non ode e che la bocca respira!

Abarima capì il gesto, e porse ingenua l’orecchio.