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Ci vado io, Giulietta. Va al telefono, GIULIETTA se ne va donde è venuta. Il telefono è posto alla parete che divide la sala da pranzo dal salotto, a destra della porta di comunicazione; cosicchè l'apparecchio non si vede, ma il pubblico vede NICOLETTA, quando sta a telefonare, col cornetto all'orecchio. NICOLETTA telefonando. Sei tu Piero? Silenzio breve. , son io. Non riconosci la mia voce?

Quell'uomo veniva sempre obbedito a vapore. Due minuti dopo, erano sulla tavola un cornetto e due dadi, i quali avevano spesso servito a contrabbandieri e ladruncoli per disputarsi i loro lucri o per dissanguare qualche zugo: ora dovevan servire a tre Maest

Ma chi sa, fratelmo, chi sa!». Prende convulsamente il cornetto, che Baldassarre aveva gittato sul desco rincludendovi i dadi e li butta senza nemmanco agitarli. «Sei e seigridarono gli altri due. «Il punto di Venere!».

Silenzio brevissimo. Non sai? Ma.... vieni, subito.... prendi una carrozza. Abbandona il cornetto ed entra agitatissima in salotto.

Davanti alla mula, gualdrappata e inghirlandata come un cavallo di corte, camminavano tre sonatori col tamburo, il piffero e il cornetto, sonando furiosamente; dai lati e dietro, venivano i parenti e gli amici, uno dei quali teneva i bimbi fermi sulla sella, un altro porgeva loro dei confetti, altri li accarezzavano, alcuni tiravan schioppettate in aria saltando e gridando.

Fecero alla morra chi dovesse cominciare: «Questo è giuoco da facchini, bifolchi e guardaporci», dice Giordano Bruno. Toccò a gettare i dadi per primo a Don Melchiorre, in secondo luogo a Re Baldassarre, in terzo all'autocrate d'Antibo. Il timido zoppo agitò per un bel pezzo i dadi nel cornetto, e finalmente li rovesciò pian pianino sul tavolo: fece tre e due.