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Ambrogio, piattonate a' creditori che ti verranno dappresso colle solite noje. Ma il diletto di metter sossopra i banchi delle scuole del Calchi dove il Calcondila mi ha fatto tanto dormire quando spiegava Omero, credo lo lascierete a me solo. Presto dunque via di qui e in cammino, ch'io gi

Agevolezza di comunicazioni hanno oggi, sto per dire, tolte di mezzo le distanze e le barriere fra popolo e popolo; posta di lettere, giornali, commercio, viaggi, fecero comuni a uno le usanze, le idee di tutti; una gente conosce l'altra, una all'altra somiglia per vestire, per costumi: sei fuori, ma frequente incontri tuoi concittadini, ma ogni tratto te ne giungono ragguagli; calchi una terra forestiera, ma le simpatie di nazione, di opinioni, di ingegno, di speranze vengono a mitigarti la durezza dell'esilio, ti fanno trovare nuovi amici, udire in diversa lingua l'espressione dei tuoi medesimi sentimenti, la fratellevole compassione per le tue sventure.

dicere udi'mi: <<Guarda come passi: va si`, che tu non calchi con le piante le teste de' fratei miseri lassi>>. Per ch'io mi volsi, e vidimi davante e sotto i piedi un lago che per gelo avea di vetro e non d'acqua sembiante. Non fece al corso suo si` grosso velo di verno la Danoia in Osterlicchi, ne' Tanai la` sotto 'l freddo cielo,

Pubblici stabilimenti d'istruzione, le scuole del Piatti, del Calchi, del Grassi, s'aprirono sotto lui per la prima volta. Il Calcondila, il Merula, il Minuziano, il Ferrari ed altri molti si raccolsero in Milano, per insegnarvi scienze, lettere, lingue erudite.

«Oh, questa è a udir cosa nuova», rispuose, «che gran segno è che Dio t’ami; però col priego tuo talor mi giova. E cheggioti, per quel che tu più brami, se mai calchi la terra di Toscana, che a’ miei propinqui tu ben mi rinfami. Tu li vedrai tra quella gente vana che spera in Talamone, e perderagli più di speranza ch’a trovar la Diana; ma più vi perderanno li ammiragli». Purgatorio · Canto XIV

strofa su strofa io costruisco i palchi eretti contro il ciel, del mio pensiero: tutte le imbevo del mio sangue nero perchè ben l’una contro l’altra calchi. E nulla vale a me, nulla a te vale il pazïente sforzo dïuturno: oggi, stranieri, in questo Asil Notturno: doman, forse, stranieri, all’ospedale.

dicere udi'mi: <<Guarda come passi: va si`, che tu non calchi con le piante le teste de' fratei miseri lassi>>. Per ch'io mi volsi, e vidimi davante e sotto i piedi un lago che per gelo avea di vetro e non d'acqua sembiante. Non fece al corso suo si` grosso velo di verno la Danoia in Osterlicchi, ne' Tanai la` sotto 'l freddo cielo,

«Oh, questa è a udir cosa nuova», rispuose, «che gran segno è che Dio t’ami; però col priego tuo talor mi giova. E cheggioti, per quel che tu più brami, se mai calchi la terra di Toscana, che a’ miei propinqui tu ben mi rinfami. Tu li vedrai tra quella gente vana che spera in Talamone, e perderagli più di speranza ch’a trovar la Diana; ma più vi perderanno li ammiragli». Purgatorio · Canto XIV

E cheggioti, per quel che tu piu` brami, se mai calchi la terra di Toscana, che a' miei propinqui tu ben mi rinfami. Tu li vedrai tra quella gente vana che spera in Talamone, e perderagli piu` di speranza ch'a trovar la Diana; ma piu` vi perderanno li ammiragli>>. Purgatorio: Canto XIV

dicere udi’mi: «Guarda come passi: va , che tu non calchi con le piante le teste de’ fratei miseri lassi». Per ch’io mi volsi, e vidimi davante e sotto i piedi un lago che per gelo avea di vetro e non d’acqua sembiante. Non fece al corso suo grosso velo di verno la Danoia in Osterlicchi, Tanaï l