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Avete ragione di interrompermi. A voi importa poco il mio stato d'animo. Voi non volete del condannato che i patimenti, ed eccomi a compiacervi. Sono della provincia di Avellino e nato nel '48. Facevo il massaro, e il ganzo di mia moglie adultera era il figlio del padrone.

Nelle carceri di Avellino mi trovavo in una parte dell'edificio chiamato dei «ferri», perchè non vi mandavano che galeotti o individui che stavano per diventarlo. Era, tutt'assieme, un corridoio composto di quattordici o sedici stanzoni, in ciascuno dei quali venivano chiuse cinque persone. Quando entrai in questo ambiente, c'erano cinquantotto individui condannati ai lavori forzati a vita, e dodici alla pena capitale. I condannati a morte facevano piet

Nelle provincie di Catanzaro, di Abruzzo, di Salerno, di Lecce, di Campobasso e di Avellino, si apprestavano armi ed armati. Che più? Napoli insorgeva massacrando Svizzeri e spie borboniche. L'ora della libert

La mia causa durò più di cinque anni e al terzo processo venni condannato dalle Assisie di Salerno, come da quelle di Avellino e di Benevento, all'ergastolo. La sentenza mi fece l'effetto di una legnata sulla testa. Caddi sul banco degli accusati come istupidito. I carabinieri mi dovettero scuotere e trascinare fuori della gabbia.

Per andare, per esempio, da Ariano, il mio paese, ad Avellino, mi facevano fare quattro tappe, in quattro paeselli, dove era la caserma dei carabinieri, con la camera di sicurezza. La stanza di sicurezza era un luogo di tortura, buia come una cantina e larga come una tana. Rimanevo perduto nella foscaggine per dieci minuti senza raccapezzarmi il luogo. C'era, di solito, una finestrucola all'estremit

Dimmi, fanciullo, come hai tu fatto a recuperare la favella? domandò il Conte. Per virtù di Santo Andrea Avellino, il quale si diletta operare per queste parti di miracoli assai. Se io n'esco, pensò il Conte, furfanti, ve li darò io i miracoli di Santo Andrea Avellino. La rete è stata tesa da mano maestra; anche l'oste d'accordo... Ma dov'è Marzio? Non fosse rimasto ucciso?

E i due amici, raccolti i pennelli e prese l'asticciuole e le tavolozze si posero al cavalletto; Costanzo da un lato della finestra, innanzi a una tela vecchia su cui l'abbozzo d'un sant'Andrea Avellino andava sparendo sotto un ritratto di commissione, un volto rubicondo e grassoccio, due occhi piccoli, bigi e senza sopraccigli, una bocca atteggiata a melenso riso, e un mento sotto il mento, proprio la fisionomia d'un arricchito mercante d'olii e saponi; dall'altro lato, Damiano s'allogò dinanzi d'un'ampia tela sulla cui fresca imprimitura vedevasi delineata a franchi contorni la bella creazione ch'egli aveva da tanto tempo vagheggiata nell'ardente pensiero.

«Le provincie di Lecce, Bari, Foggia, e Avellino sono agitatissime; l'ultima massimamente. «Abbiamo con noi quanta più munizione ci abbiamo potuto procurare. «Abbiamo incaricato * di tenervi informato delle nostre operazioni. Fate voi altrettanto con lui, poichè lo lasciamo in caso di potere probabilmente comunicare con noi.

Voi mi avete raccomandato di non dimenticare le mie conoscenze di questi ambienti. Il Castellaccio era pieno di briganti. C'erano tutti i superstiti della banda Schiavone e della banda di Alfonso Carbone. Costui era di Mombello, della provincia di Avellino, e un buon diavolo che mi faceva dei favori. Forse avrete sentito parlare di lui.