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Egli diceva che non si disonoravano i condannati politici indossando la toletta del condannato comune. Sono quelli che la impongono loro che si disonorano. La preoccupazione sua era piuttosto se si dovesse lasciare sola la Kuliscioff a sostenere la lotta per l'abito. Valera ricordava che anche i deputati irlandesi, ai tempi delle ultime leggi eccezionali, erano divisi su questa questione.

Non si travedeva ancora il primo chiarore del mattino. Era ancor notte, notte profonda. S'intese nella strada uno scalpito di cavalli e il ruotare di due carrozze. I condannati rabbrividirono. Erano i cavalli della scorta; erano le carrozze che dovevano condurli al patibolo. In quel punto si aperse rumorosamente la porta della cappella. Monti e Tognetti credettero di veder comparire il carnefice.

Aspettavano che uscissero i condannati per leggere il cartello, che portavano legato al collo e sul quale erano scritti la et

Il Governatore del pio istituto all’appressarsi della Settimana Santa mandava al Vicerè il nome del condannato da graziarsi. Il Vicerè approvava, e la grazia era fatta. Accadeva che i condannati fossero più d’uno e talora tanti che la Compagnia restava imbarazzata nella scelta. Le preghiere, le suppliche, gli scongiuri, le alte e le basse influenze si moltiplicarono, si milliplicavano.

Egli con lena infaticabile, ritornò a tentare e premere con domande suggestive e artificiose lusinghe i due condannati, cercando con ogni mezzo di estorcere da loro il nome di nuovi complici tuttora impuniti.

Conoscendo l'indole buona del cardinale Baldoni, la principessa pensò che da lui solo si poteva ottenere una intercessione abbastanza potente per indurre il Papa a fare la grazia ai due condannati, o almeno al più giovane di essi, ch'era Tognetti. Si avvicinò dunque al porporato, e lo pregò di passare con essa in un salottino, dove a sua richiesta li seguì anche l'avvocato Leoni.

In mezzo alla piazza sorge il palco, e quivi sopra una panca e un ceppo; sul ceppo una mannaia. I raggi del sole declinante illuminano il ferro forbito, che par di fuoco; gli occhi di quelli che lo guardano ne rimangono feriti. Il popolo denso e stipato ondeggia come campo di biada matura battuto dal vento della canicola: per cotesto moto si comprendeva quello essere il regno delle tempeste, ma in quel momento la procella taceva. Arrivata la processione presso la cappella di San Gelso, dove stava esposto il Venerabile, (stazione ultima dei condannati che qui dentro, adorando, dovevano aspettare di venir tratti di mano in mano al supplizio) ecco cotesta massa di popolo incomincia a infuocarsi, ed a ribollire a mo' di bronzo liquefatto per fondere campana, o cannone; chè gl'istrumenti di morte, o di piet

Poichè ho fatto cenno dell'indifferenza delle popolazioni lombarde inverso a quei condannati, mi tengo in debito di rettificare la esposizione di un fatto, il quale, narrato da un testimonio di buona fede, è stato cionnonpertanto falsamente e calunniosamente interpretato, per modo che una citt

Condannati a perire, dovevamo, pensando al futuro, proferire il nostro morituri te salutant all'Italia da Roma.

Erano terminate le messe, quando entrò nella cappella il cancelliere Passerini, incaricato di ricevere il testamento dei due condannati. Quel pover'uomo di cancelliere aveva un cuore che non era assolutamente fatto per la sua carica; era tutto agitato e contrafatto in volto, e balbutiva nell'annunziare a Monti e a Tognetti il motivo della sua venuta.