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Aggiornato: 7 giugno 2025


"Volgiti lieto al mio chiamar. All'opra sempre desta tu vedi in me la pronta Ora del tuo Lavor, madre a robuste speranze, quella che ai cresciuti danni porsi il ristoro dei raccolti frutti, che all'ombra edificai d'una sicura coscienza del tuo vivere la casa.

Ed elli a me: <<Nessun tuo passo caggia; pur su al monte dietro a me acquista, fin che n'appaia alcuna scorta saggia>>. Lo sommo er'alto che vincea la vista, e la costa superba piu` assai che da mezzo quadrante a centro lista. Io era lasso, quando cominciai: <<O dolce padre, volgiti, e rimira com'io rimango sol, se non restai>>.

Volgiti addietro, e ti rammenta il giorno, Che Lidia in guerra soggiogata ardea, Allor ch'a' vinti si girava intorno Tra sangue e foco ogni miseria rea, Io per tor la mia vita a scempio, a scorno Quel giorno a morte volentier correa, Stringea la spada, e gi

Io lo conobbi; fu magro e piccolo, e dava nell'etico: metafisico, più che poeta; ma poeta ancora d'infinito valore. Volgiti, e mira le fumose ruote Della rovente fiamma predatrice; Ascolta il pianto, che nel ciel percuote. Oh quanto fu gran dolore il caso, che incolse al misero falegname ed alla sua famiglia!

Con l'unghie si fendea ciascuna il petto; battiensi a palme, e gridavan si` alto, ch'i' mi strinsi al poeta per sospetto. <<Vegna Medusa: si` 'l farem di smalto>>, dicevan tutte riguardando in giuso; <<mal non vengiammo in Teseo l'assalto>>. <<Volgiti 'n dietro e tien lo viso chiuso; che' se 'l Gorgon si mostra e tu 'l vedessi, nulla sarebbe di tornar mai suso>>.

Il canto tacque, e le labbra del dolente cessarono di tremare e gli occhi di piangere. Tutta la sua attenzione era diretta a comprendere le formule sacre, a non perderne una sillaba sola. Rivolto ancora ai coniugi, il sacerdote ora supplicava: «Volgiti in grazia, Signore, sopra questi tuoi servi, ed agli istituti tuoi, coi quali ordinasti la propagazione dell'umano genere, benignamente assisti, affinchè coloro che dall'autorit

Credi per certo che se dentro a l’alvo di questa fiamma stessi ben mille anni, non ti potrebbe far d’un capel calvo. E se tu forse credi ch’io t’inganni, fatti ver’ lei, e fatti far credenza con le tue mani al lembo d’i tuoi panni. Pon giù omai, pon giù ogne temenza; volgiti in qua e vieni: entra sicuro!». E io pur fermo e contra coscïenza.

fin che ’l piacere etterno, che diretto raggiava in Bëatrice, dal bel viso mi contentava col secondo aspetto. Vincendo me col lume d’un sorriso, ella mi disse: «Volgiti e ascolta; ché non pur ne’ miei occhi è paradiso». Come si vede qui alcuna volta l’affetto ne la vista, s’elli è tanto, che da lui sia tutta l’anima tolta,

Credi per certo che se dentro a l'alvo di questa fiamma stessi ben mille anni, non ti potrebbe far d'un capel calvo. E se tu forse credi ch'io t'inganni, fatti ver lei, e fatti far credenza con le tue mani al lembo d'i tuoi panni. Pon giu` omai, pon giu` ogni temenza; volgiti in qua e vieni: entra sicuro!>>. E io pur fermo e contra coscienza.

LECCARDO.... Però non è meraviglia se mi sento cosí leggiero: non mangio cose di sostanza.... DON FLAMINIO. Volgiti qua, Leccardo. LECCARDO. O signor don Flaminio, a punto stava col pensiero a voi! DON FLAMINIO. Parla, ché la tua bocca mi può dar morte e vita. LECCARDO. Che! son serpente io che con la bocca do morte e vita? La mia bocca non morte se non a polli, caponi e porchette.

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