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Aggiornato: 20 giugno 2025
GULONE. Son pigro, secondo il tuo desiderio; ma presto, secondo il mio: a chi desia non si fa cosa con tanta prestezza, che non paia tarda. Dice che, volendola senza dote, venghi a sposarla. TRASIMACO. Ti ringrazio della nuova. GULONE. Che pensi col ringraziamento avermi pagato, come se m'entrasse in corpo e me cavasse la fame e la sete? Troppa ingiuria fai tu al mio ventre.
TRASIMACO. A tradimento, ah? cosí se tratta con i pari miei, trattenermi su le parole e poi attraversarmi le braccia? Falla da gentiluomo. GULONE. Non fui mai gentiluomo: la farò da quel che sono. Ingenòcchiati, raccomanda l'anima a Dio. TRASIMACO. E che, mi vuoi ammazzare? GULONE. Tu sei indovino.
TRASIMACO. Benissimo. TRINCA.
Non ho cuore di darle tal nuova: so che gridará, tramortirá, spiritará, diverrá forsennata. O Iddio, aiutaci tu, che puoi. TRASIMACO. Quanto piú desidero Gulone, men lo posso incontrare... Ma veggio il capitano con le sue solite e accessorie stravaganze. TRASIMACO.
TRINCA. Dio me ne guardi, che mi fusse posto in mezo: mi avisasti prima, che, quando stavi infuriato, ammazzavi gli amici e gli nemici. TRASIMACO. È vero quanto dici; ma, essendo un solo, dovevi avisarmi.
TRASIMACO. E se fosse un par mio, lo disfidarei, nudo, con meza cappa, ad uccidersi meco in un steccato, ché per manco d'un pelo ci son entrato cinquanta volte. PARDO. Poco me se dá. TRASIMACO. E son cavaliero da tutti i quarti: cerchesi nel mio parentado, tutte son croci di Malta, di S. Stefano, di S. Giacomo e di Calatrava. PARDO. Forse dubitavano che non li fusse pisciato adosso.
TRASIMACO. Se fussi indovino, non sarei venuto a questo termine: almeno fammi una grazia, fammi viver due ore sole. GULONE. Perché due ore? TRASIMACO. Che mi mangi quello apparecchio che avea fatto in casa per te; e, dopo mangiato, fammi morire, ché morrò contento. GULONE. Che apparecchio era il tuo?
GULONE. Io non ho amici altro che il principe della Trippalda, che è il maggior amico che abbi: la trippa vacua è il maggior nemico. TRASIMACO. Ed è possibil che tu non vogli ragionar se non di mangiare? GULONE. E tu di donne e di amori?
TRINCA. Né quello fuggí o ti voltò le spalle, quando sfreggiotti il viso. TRASIMACO. Ma bisogna allontanarsi da me, ché, quando ho prese l'armi e sto in furia di menar le mani, l'ira ministra fuoco e fiamme: cosí m'incarno e m'insanguino, la vista mi s'accieca di sorte, che non conosco né amici né parenti, tutti gli guasto egualmente; e le tintinnate della mia spada s'odono un miglio.
TRINCA. E tu, Gulone, ti vuoi uccider col capitano? GULONE. Volentieri. TRINCA. Orsú, fatela da valent'uomini, uccidetevi insieme. TRASIMACO. A me non conviene por la mia autoritá in bilancia con un par suo. O molto indegno della grandezza dell'animo mio!
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