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Aggiornato: 12 maggio 2025


Per pratico che fosse il cocchiere e ben pagato, egli non poteva sempre scostarsi della grande via Emilia che percorre le Romagne dal settentrione al mezzogiorno, e che passa per la maggior parte dello spazio che dovea transitare la nostra comitiva per giungere da Ravenna a San Leo, molte miglia a libeccio di Rimini e di San Marino.

Il grosso dell'esercito, con Re Carlo Alberto, nella supposizione che gli Austriaci muovessero da Magenta per transitare il Ticino, stava accampato per attendere il nemico presso Trecate; ma, trovate sgombre le posizioni circostanti, mosse al di qua del fiume, per la via di Milano.

Egli era, a non ingannarsi, uno di quella casta che la fortuna condanna a menar le braccia per la sussistenza, e che qualche volta stimolati da istinti generosi o dall'ambizione d'innalzarsi, si lanciano al di fuori dell'area in cui la sorte sembrava volerli circoscrivere; e, se coadiuvati dal genio, si vedono transitare dall'infimo della condizione umana ai gradini superiori.

La sera del 10 Garibaldi arrivò a Bologna; non so, per altro, se spontaneamente, o invitato. Una gazzetta di que' giorni cosí descrive il suo ingresso: «Il generale Garibaldi è finalmente giunto fra noi. Ieri sera, alle nove, arrivava a Bologna. Una considerevole folla di popolo andava ad incontrarlo e distaccati dal suo legno i cavalli (ad onta delle ripetute istanze del generale) lo trascinava, quasi in trionfo, fino al Grande Albergo Reale, dove il Garibaldi fissava la sua dimora. Qui giunto, il popolo ripeteva piú volte fragorosissimi applausi ed evviva all'eroe di Montevideo, al valoroso campione dell'indipendenza italiana. I legionari del Garibaldi sono sempre alle Filigare, privi di mezzi e di risorse. Il generale Zucchi, ministro della guerra, giungeva egli pure ier sera in Bologna, reduce da Ferrara, senza per altro, lasciar trasparire nulla del suo arrivo». Il giorno 11, da Bologna, cosí scrivevano all'Alba: «Garibaldi fu incontrato alla Porta dal generale Latour, che lo accompagnò a piedi ed a braccetto fino all'albergo. Il popolo, con bandiere e torcie, faceva seguito e plauso». Lo stesso corrispondente dell'Alba tornava a scrivere due giorni dopo: «Il Governo Pontificio ha finalmente concesso alla legione Garibaldi di transitare pel suo Stato, consegnando le armi all'ingresso, per esserle restituite all'opposto confine». Quanto vi sia di vero in questa ultima condizione lo ignoro. Nella Gazzetta di Bologna del 14 si legge: «Ieri sera giunse in Pianoro dalla Toscana la colonna dei volontari italiani, che è sotto gli ordini del generale Garibaldi. Questa mattina , dopo aver pernottato in quel paese, ha preso di col

Quella testina dopo essersi volta a destra verso il crocicchio della strada, ove finito il portico si vedevano transitare i passanti, si ritirava poi riaffacciandosi ancora nell'inquadrato della finestra e con una mossa affrettata, timida, si voltava in su...

Le notizie dell'accidente passavano ora di bocca in bocca, con più precisi particolari: il deviatore della cabina numero quattro, per un falso segnale del manovratore, aveva aperto lo scambio al treno merci mentre la colonna era in moto; l'ago si era spostato fra un'asse e l'altra del primo carro, dando la diramazione sopra il binario per il quale doveva transitare il direttissimo, ostruendo la linea di corsa: l'ingegnere dell'ufficio di trazione, con una squadra di operai raccolta alla prima notizia, era sul posto, ma non poteva far nulla senza gli attrezzi.

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