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In una gondola, che era passata quasi volando accanto a quella in cui essi si trovavano, aveva veduto un uomo, tutto vestito di nero, pallidissimo, col volto esprimente un'angoscia mortale. In quell'uomo, che si teneva diritto, rigido, nell'atteggiamento di una statua sopra una tomba, appoggiato fuori del felze della gondola, essa aveva riconosciuto Carlo Tittoli!

Poi ne aveva udito qualche volta parlare da Antonietta e da Lina, che ne avevano esaltato la devozione, le premure; ma nulla egli mai era venuto a sapere dell'odio concepito dal Tittoli contro di lui, della gelosia che gli aveva ispirato, della passione che esso aveva nutrito per Antonietta.

Il giorno, dopo quello in cui era morta sua madre, Carlo Tittoli, rovistando per la stanza ove la vecchia adorata aveva dato l'ultimo sospiro, vide sotto il letto una lettera tutta spiegazzata. Si chinò per raccoglierla. Era una lettera scritta da suo padre nella prima giovinezza, quando corteggiava la donna, che poi aveva sposato. Come mai si trovava in terra?

Ma, mentre si rivolgeva questa domanda, vide biancheggiare a qualche distanza, sempre sotto il letto, alcuni fiori. Era il mazzetto di fiori d'arancio di giaconetta, portato dalla donna il giorno delle sue nozze. Nella fretta con cui aveva riempito il baule. Lucertolo aveva lasciato cadere in terra quegli oggetti. Un sospetto tremendo entrò nel mite animo del Tittoli.

Trasse a il baule, lo aprì.... E vide il disordine con cui tutto vi era stato gettato alla rinfusa. Evidentemente, nel morire, sua madre era stata vittima di un furto. Forse il ladro, spaventandola, o facendole violenza, aveva contribuito a precipitarne, se non a cagionarne la morte. Il dubbio divenne atroce. Straziava il cuore del Tittoli, gli dava mille torture.

Un'ora dopo che il pubblico aveva lasciato il teatro, il cadavere sformato del Tittoli era trasportato sino in riva all'acqua e adagiato nella barca dei pompieri; di a non molto si trovava steso sopra una tavola di marmo nella stanza mortuaria dello spedale. L

Del resto, in quel momento, Lucertolo era bello a vedere. Ormai si teneva sicuro di non essere scoperto del furto da lui commesso nella camera della vecchia Tittoli, agonizzante: aveva ripreso tutta la sua maest

Essi si accostavano a lui, li sentiva, li sentiva avvicinarsi, gli sembrò aver udito mormorare una parola. La parola fu ripetuta due volte, quasi al suo orecchio. Ladro! Ladro! Rendi i denari al mio figliuolo! E Lucertolo balzò dal letto inorridito, poichè si avvisò di aver riconosciuto la voce della vecchia Tittoli.

Ad un cenno del medico, un guardiano prima che le donne entrassero, corse a gettare sul cadavere un gran lenzuolo, che lo cuoprì quasi tutto. Le donne entrarono trepidanti. E si gettarono subito in ginocchio, ciascuna da un lato di quella tavola di marmo sulla quale giaceva la povera, straziata spoglia di Carlo Tittoli.

Antonietta dette di nuovo in uno scoppio di pianto e tra le lacrime ripeteva, come nei giorni del delirio, quando era stata chiusa nel Ghetto, e vegliata da Isacco, dal Tittoli e da Lina: mamma!... o mamma mia!