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Padrone, voi mi avete per un tristo, perché son troppo buono: ché a tempi d'oggi per esser stimato buono dal tuo padrone, bisogna rubbarlo, assassinarlo a tutto suo potere. Ma perché mi stimate cosí tristo, che effetto cattivo avete di me veduto? FILIGENIO. Puoi negar tu che non sia il maggior ribaldo del mondo?

ESSANDRO. Se ben Gerasto non è degli accorti uomini di questa terra, pure con questo inganno ingarbugliaremmo altro cervello che il suo. Ma chi sará costui che saprá fingere Nartícoforo, e Cintio quel giovane cosí storpiato? PANURGO. Stimate voi che disponendomi io a questo, non sappi fingere Narticoforo, quel maestro di scuola?

Non merita tanta asprezza la mia fede che vi osservo, l'inestimabil amor che vi porto, amandovi sovra ogni cosa mortale. V'ho chiesto questa grazia sol per iscovrirvi certi secreti de' nostri amori, non con quello animo certo che stimate; e con questo desiderio son venuto a provocar la grandezza del vostro animo a una grazia cosí segnalata.

Atto stimate d'ascoltarsi indegno Questa vendetta, che di far prometto, E forse incontra me d'aspro disdegno E di repentino odio empiete il petto: Ma quando il torto, che fier sostegno Da l'iniquo Ottoman, per me fia detto, Forse in voi cesser

Fra le pietre più stimate sono da annoverarsi il porfido, il granito, il marmo nero di Como, la pietra arenaria, i cristalli di rocca, con i quali si fanno lenti di canocchiali e si imitano le pietre preziose, delle quali vi parlerò uno di questi giorni. E la mamma pose fine, alzandosi, alla sua lezioncina.

I giovani avvezzi a pensare con la propria testa ed a foggiarsi delle idee sopra ogni cosa prima ancora di conoscere nulla, sanno quel particolar genere di smarrimento che si prova dinanzi ai fatti in aperto contrasto con le persuasioni stimate più salde. Uno smarrimento di questo genere, ma intenso fino all'angoscia, fu quello provato da Ermanno dinanzi a quella donna che prima gli sorrise.

DULONE. Quanto piú cercherete peggio troverete: ché quel Cintio, che voi stimate cosí buon amico, è...; basta. ERASTO. Che vuol dire quel «basta»? che dici balbottando? che ti riservi fra la lingua? DULONE. M'ha ciera di un traforello, di un traditorello.

Fa' che a quanto ti dimando mi risponda subito, accioché non abbi tempo a pensare e colorir menzogne. FORCA. Se stimate che quanto dico sia bugia, a voi soverchio il dimandare, a me il rispondere. FILIGENIO. Ben, che si fa? FORCA. Si sta in piedi, con la beretta in mano, aspettando se mi comandate alcuna cosa. FILIGENIO. Dove è Pirino? FORCA. Stando qua, non posso saper dove sia.

DON IGNAZIO. Anzi per vostro merito. EUFRANONE. Non mi conosco di tanto preggio che sia degno di tanta cortesia. DON IGNAZIO. Siete degno di maggior cosa: io vi chieggio la vostra figliola con molta affezione. EUFRANONE. Stimate forsi, signore, ch'essendo io povero gentiluomo venda l'onore de mia figliuola? Veramente non merito tanta ingiuria da voi.

Poi per andare a far le ammonizioni, si fece portar via 'n una lettica, e le stimate fece con le mani, giunta a Marfisa, e disse: Ho degli arcani. Cara figliuola mia, tutto il paese discorre che Terigi t'ha piantata. Ma poco stimo il fatto del marchese: piú mi trafigge l'altra intemerata; ché mille lingue serpentine accese t'hanno assai malmenata e screditata.