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Seguirono ancora cinque o sei mosse d'apertura; i due giuocatori si esploravano l'un l'altro come due eserciti che stanno per attaccarsi, come due boxeurs che si squadrano prima della lotta. L'Americano, abituato alle vittorie, non temeva menomamente il suo antagonista; sapeva inoltre quanto l'intelletto d'un negro, per educato che fosse, poteva fievolmente competere con quello d'un bianco e tanto meno con Giorgio Anderssen, col vincitore dei vincitori. Pure non perdeva di vista il minimo segno del nemico; una certa inquietudine lo costringeva a studiarlo e, senza parere, lo andava spiando più sulla faccia che sulla scacchiera. Egli aveva capito fin dal principio che le mosse del negro erano illogiche, fiacche, confuse; ma aveva anche veduto che il suo sguardo e gli atteggiamenti della sua fronte erano profondi. L'occhio del bianco guardava il volto del negro, l'occhio del negro era immerso nella scacchiera. Non avevano giuocato in tutto che sette od otto mosse e gi

All'infuori di alcuni bottegai in piedi sul davanti delle loro botteghe, e di alcuni rari passeggieri che ci squadrano dal capo ai piedi, vedendo bene che non siamo del quartiere, il luogo è deserto e silenzioso; il che è tanto più sorprendente, giacchè vicino è il mercato di Covent-Garden, uno dei più animati di Londra. Alcune case sembrano barricate, anche alcune botteghe restano chiuse.

Impossibile. Osservatemi come sono cangiato. La mia vita è un letto di aculeo. Dovunque io mi giri, gli è tenebre. Dovunque io mi proponga abbordare, gli è l'onta, il delitto o la morte. Non oso più escire, ed ò paura di restare a casa. Se veggo un fanciullo nelle vie, il singhiozzo, il soffoco mi prendono. Se incontro una coppia felice, le lagrime inondano gli occhi miei. Io trovo uno scherno in tutti gli accenti. Ogni parola mi sembra un'allusione. Si direbbe che una mano invisibile scriva le mie colpe sulla mia fronte, e che ciascuno ve le legga. I miei colleghi mi squadrano singolarmente. Morella non mi discaccia neppur più; io non esisto più per lei! Sono andato al teatro, pensando distrarmi; ò creduto riconoscere che mi avevano messo in iscena. Sono andato al ballo della mezza-quaresima; una maschera si è avvicinata e mi

Quei della vettura e quei della strada si scambiarono il saluto con molta freddezza. A Lorenzo il sorriso del marchese di Montalto parve altiero anzi che no. Tuttavia non volle dirne nulla all'Assereto, di cui temeva i commenti sarcastici. Ma all'Assereto non era sfuggito quel sorriso, e siccome egli nella furia del suo malumore non perdonava a nessuna cosa, si affrettò a dire: Hai veduto? Ci squadrano dal capo alle piante come bordaglia di strada. Ma rider