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Aggiornato: 23 maggio 2025


Il sott'ufficiale della legione romana trovava che gli ammiratori della vispa cantiniera eran troppi e non seppe tacergliene il suo rammarico. Essa però gli fece intender ragione, dicendogli che non voleva e non aveva mai voluto gelosie, che d'altra parte ell'era di carattere allegro e le piaceva far buona cera a tutti, tanto più che ciò le era imposto dai doveri della sua carica.

L'esempio del Micca ha valso: un secolo dopo di lui Giacomo Antonio Pasquale nelle milizie napoleoniche seppe meritarsi il vanto d'esser nato in Sagliano: a Ronzon in Aragona nel 1813, minatore e sott'ufficiale del genio, con 100 soldati combattè fiera guerra sotterranea contro 3000 spagnuoli, non cedendo il forte che onorevolissimamente, dopo la caduta di Lerida e di Maquinenza.. St'anno, non so perchè anticipandolo, s'è celebrato il secondo centenario del Micca: non ho veduto apparecchi in Sagliano: so che ci furono discorsi e banchetti, ma principalmente attesto che il maggiore Pasquina del 17° fanteria, dalla festa ritornato al nostro stabilimento idropatico, fu salutato con sincerissimi evviva: egli mostrava fregiato il suo petto da due medaglie al valor militare e dall'altre delle campagne dell'Indipendenza.

E rivolto a Roccaforte, dopo aver congedato con un saluto il capo macchinista: No, vede: è troppo tardi. Correremmo rischio di perdere anche lei. Speriamo che torni con l'attendente. Un sott'ufficiale gli si presentò: Il signor comandante ha bisogno di parlarle. Carleoni era ancora alla scrivania, dove aveva studiato le rotte e decifrato l'espresso.

In quanto a lui, dell'indipendenza non gliene importava punto poco; solo vedeva con piacere per le vicende della guerra la guarnigione crescer ogni giorno, e molti dal di fuori rifugiarsi a Venezia. E per mettersi, come si dice, a livello delle circostanze, il signor Oreste ingrandiva la sua trattoria, si provvedeva di vini napoletani che richiamassero alla Venezia risorta i prodi seguaci di Guglielmo Pepe, migliorava il servizio, e dava impiego a due nostre vecchie conoscenze, esuli dalla provincia, la bella caffettiera d'Oriago e il relativo marito. , la Rosetta e Menico, all'avvicinarsi degli Austriaci avevano stimato opportuno di chiudere il caffè e di fuggir gli invasori. Veramente Menico, sulle prime, non capiva perchè i Tedeschi, tornando, dovessero prendersela direttamente con lui; ma sua moglie, la quale correva dietro a un sott'ufficiale della legione romana, tanto disse e fece per provare al consorte ch'egli s'era compromesso in un modo tale da rischiar la vita ove fosse rimasto, che egli finì col persuadersi di essere un gran patriotta minacciato del patibolo e accondiscese a emigrare, come facevano altri che, a sentir la Rosetta, erano assai meno compromessi di lui. Giunto fra le lagune con pochi quattrini, egli si sarebbe mangiati ben presto anche quelli aprendo un'osteria, se l'ottimo signor Oreste non ne lo avesse sconsigliato e non avesse offerto a lui e alla consorte un posto sicuro e onorevole presso la sua Venezia risorta. Dopo qualche titubanza i coniugi si acconciarono alla necessit

Il sott'ufficiale si rassegnò a chiudere un occhio; Menico poi da un pezzo li aveva chiusi tutti e due. La Rosetta non mancò di fare i suoi convenevoli a Sua Eccellenza il N. H. Leonardo Bollati; e Leonardo avrebbe voluto riappiccar con lei la vecchia amicizia. Ma il conte non aveva più nessuna attrattiva fisica, e, diciamo la brutta parola, nessuna attrattiva economica.

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