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Aggiornato: 8 giugno 2025
Ma, grazie a Dio, il vero amor della patria è tutt'altra cosa; ed il signor Sismondi, come illustratore dei fasti dell'Italia, vivrá sempre nella piena riconoscenza dei veri italiani. E di siffatta riconoscenza avrá la sua parte, benché in proporzione minore, anche il signor Roscoe. Il tema scelto a trattare dal signor Roscoe nel discorso che oggi annunziamo è assai vasto.
Forse, come dice il signor Sismondi, l'ignoranza assoluta dell'antichitá fece ricorrere il poeta a ciò che gli era noto per descrivere ciò che gli era ignoto.
Andai a visitare Sismondi, lo storico delle nostre repubbliche, pel quale io avea commendatizia d'una amica sua, Bianca Milesi Moion. M'accolse più che cortese, e con lui la moglie Jessie Mackintosh scozzese. Sismondi lavorava allora intorno alla Storia di Francia. Era buono, singolarmente modesto, di modi semplici e affabili, italiano d'anima; e m'interrogò con ansia d'affetto sulle cose nostre. Mi parlò di Manzoni del quale ammirava oltre ogni sua cosa il Romanzo, e dei pochi i quali davano segno di vita intellettuale rinascente. Deplorava in noi le tendenze appartenenti tutte al XVIII secolo, ma le spiegava colla necessit
Alieni per altro da ogni inquisizione delle coscienze, gettiamo, o buoni lettori, con buona verecondia il mantello di Sem e di Iafet su tutti i motivi segreti da' quali possono aver mosso i giudizi intorno al libro del signor Sismondi. Crediamoli anzi innocenti tutti que' motivi.
Se, per servire al nostro autore, ci è d'uopo non tener conto per ora del teatro spagnuolo, gli amici della letteratura universale sapranno ampiamente rifarsi di questo e d'altri nostri silenzi, ricorrendo, fra molti libri, a quello del signor Sismondi sulla Littérature du midi de l'Europe; libro che, per isciagura della buona critica, trova d'ordinario i suoi piú aspri censori in coloro che non lo hanno mai letto.
Firenze non fu buono Stato se si giudichi positivamente da sé, posciaché non asserí l'indipendenza compiuta, posciaché non ebbe armi proprie; ma Firenze fu senza dubbio il migliore Stato d'Italia dopo Venezia; e non merita né tutti gl'improperi di Dante, né tutti gl'inni di Sismondi. I Visconti erano sempre i maggiori principi d'Italia.
Per entro a quel libro domina una sí perpetua libertá d'animo, una sí schietta ricerca del vero, un sentimento letterario cosí nobile, che, volere o non volere, all'uomo onesto è forza aver simpatia con chiunque verso il signor Sismondi eccedesse anche un pochetto nelle lodi. L'assoluta perfezione ne' libri è come il lapis philosophorum. Studia, studia; cercalo, cercalo: nol trovi mai.
Mentre a ogni modo io m'accomiatava un giorno da Sismondi chiedendogli s'io poteva far cosa alcuna per lui in Parigi, un esule lombardo che avea sempre ascoltato attentamente i miei discorsi senza mover parola, mi chiamò in disparte e mi susurrò nell'orecchio che, s'io aveva desiderio d'azione, mi recassi in Lione e mi presentassi agli Italiani che troverei raccolti nel Caffè della Fenice.
Era di messer Rosellino Sismondi, buon'anima sua; oggi è di messer Lapo Buontalenti. Non è un casato pistoiese; osservò timidamente Spinello. No, messere; il nuovo padrone del castello è un cittadino d'Arezzo. Dev'essere un ragguardevole uomo; ripigliò Spinello. Questo suo castello ha un aspetto assai nobile, e penso che ci si abbia a stare da principi.
Giunta a Pistoia e rinchiusa nel castello che messer Lapo aveva ereditato da Rosellino Sismondi, la povera fanciulla visse l
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