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Il ottobre, essendo stato impegnato prima dell'alba, nell'ardua battaglia, io mi trovavo completamente digiuno verso le 3 pom., quando, occupato ad ordinare le colonne d'attacco delle riserve giuntemi da Caserta, per lanciarle sul nemico tra S. Angelo e S. Maria, in quel punto mi comparve un angelo tutelare; era la graziosa ed intrepida figura della Jessie; la sua apparizione mi colpì e richiamommi alla memoria la generosa e cavalleresca nazione, a cui immeritamente sono debitore di tanta simpatia.

Fino dai primi tempi in cui stavo a New-York, cercai di raccogliere notizie intorno al viaggio che nel 1858 fece negli Stati Uniti il mio concittadino Alberto Mario insieme con sua moglie, la signora Jessie White.

Andai a visitare Sismondi, lo storico delle nostre repubbliche, pel quale io avea commendatizia d'una amica sua, Bianca Milesi Moion. M'accolse più che cortese, e con lui la moglie Jessie Mackintosh scozzese. Sismondi lavorava allora intorno alla Storia di Francia. Era buono, singolarmente modesto, di modi semplici e affabili, italiano d'anima; e m'interrogò con ansia d'affetto sulle cose nostre. Mi parlò di Manzoni del quale ammirava oltre ogni sua cosa il Romanzo, e dei pochi i quali davano segno di vita intellettuale rinascente. Deplorava in noi le tendenze appartenenti tutte al XVIII secolo, ma le spiegava colla necessit

Al campo non poteva mancare il più caratteristico tipo garibaldino, la signora Jessie White Mario, infermiera, medichessa, diplomatica, corrispondente di fogli inglesi ed americani, soccorritrice con rischio di vita da una ad altra colonna, ambasciatrice fra gli eserciti, irrequieta e sempre britannicamente flemmatica, genio del bene e provvidenza di tutti.

Quant'altri de' miei, signora Jessie, avete in custodia? le dimandò il maggiore. Venti per certo; i rimanenti giacciono dispersi in chiese umide. A Barcellona fu una gara di quel nobile popolo per ricoverare i feriti nelle proprie case; qui non si trova nemmeno paglia da riempire i sacconi portati da Palermo.

L'attacco contro gli ultimi possessi temporali del papa, ridotti per gran parte a palude, s'iniziò su parecchi punti per sgomentare il governo pontificio e sparpagliandone le forze verso i confini rendere possibile l'insurrezione in Roma, entro la quale, con permanente pericolo della testa, stavano per inspirarla e poscia capitanarla Luigi Castellazzo, il poeta di Tito Vezio, Francesco Cucchi e Giuseppe Guerzoni, che con Alberto e Jessie Mario fu poi lo storico Garibaldi.