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Tucheri dovea condurla, e per compagni egli aveva nientemeno che Nullo, Cairoli, Vigo, Taddei, Poggi, Uziel, Scopini, Perla, Cucchi, ed altri valorosissimi, i di cui nomi, io raccomando vengano pubblicati dal prode Stato Maggiore dei Mille e dai condottieri nobili delle otto famose compagnie, come pure dal capo delle guide, le quali primeggiavano fra i più coraggiosi .

E amendue si misero a battere le mani e gridare evviva. Ma Cucchi poco stante prese un fido pecoraro e gli consegnò per Garibaldi la notizia dell'entrata dei francesi in Roma con un bigliettino ravvolto a guisa di pillola in un pezzo di stagno per tabacco da fiuto, che il mandriano depositava in bocca tra i mascellari e la guancia protetta da folta barba.

La sola fazione che rispose ai biechi intendimenti, degna certamente de' suoi autori, e di che si compiacque il Cucchi e mandò a farne i suoi rallegramenti, fu la mina fatta scoppiare sotto la caserma Serristori.

Vinto finalmente a Mentana Garibaldi, e datosi alla fuga, i suoi ne seguirono le peste; Roma fu purgata da esterni ed interni agitatori. E quando si fu in grado di ordinare l'arresto di coloro che avevano preso parte morale e materiale nell'apprestare le mine, e nelle ree macchinazioni e conati su Castel Sant'Angelo, i capi principali Francesco Cucchi, Giuseppe Ansiglioni e Giulio Silvestri aveano gi

Una ventina d'anni poi Francesco Cucchi, che allora cospirava in Roma, mi raccontò che egli con un prete recossi il 30 ottobre dopo mezzogiorno a vedere alla stazione ferroviaria l'arrivo dei francesi sbarcati il 28 a Civitavecchia. Don Domenico, applaudite, se no ci sospettano subito per liberali susurrava il congiurato Cucchi al complice sacerdote.

Il fatto sta, che pochi furono i mercenari morti e gli altri, usciti dalle caserme ed ordinatisi, incominciarono un fuoco d'inferno contro il popolo inerme. Sulla caserma si dirigeva Cucchi coi suoi luogotenenti Bossi ed Adamoli ed alla loro voce e col loro esempio la gioventù romana si precipitava furibonda contro i mercenari stranieri.

Cucchi, da Bergamo, una delle più squisite individualit

A questa novella, assicurato il Governo italiano, aprì liberamente i confini a migliaja di garibaldini, onde si riversassero sullo Stato pontificio, e fece giungere a Cucchi l'ordine che Roma onninamente la sera stessa insorgesse.

L'attacco contro gli ultimi possessi temporali del papa, ridotti per gran parte a palude, s'iniziò su parecchi punti per sgomentare il governo pontificio e sparpagliandone le forze verso i confini rendere possibile l'insurrezione in Roma, entro la quale, con permanente pericolo della testa, stavano per inspirarla e poscia capitanarla Luigi Castellazzo, il poeta di Tito Vezio, Francesco Cucchi e Giuseppe Guerzoni, che con Alberto e Jessie Mario fu poi lo storico Garibaldi.

E questa razza di principii s'eran radicati talmente nell'animo suo, da non ritener degno della sua affezione e della sua stima Masi, il figlio primogenito, condannato alla galera per una grassazione; Vito, il secondo, che s'era impinguato bene nella rivoluzione del sessanta, se n'era andato a Ficarazzi, nel cui contado aveva preso moglie e se ne stava a far fruttare il maltolto. Erano invece i suoi cucchi, Menico, campiere all'Uliveto, il quale una volta, con una schioppettata, s'era levato un certo bruscolo dagli occhi; Peppe, il più piccolo, a cui dava certi ammonimenti per l'avvenire da far accapponare la pelle addirittura, e prometteva molto. Tanto che, nei suoi momenti di espansione, il curatolo gli posava la manaccia sul capo, e lo mostrava agli amici dell'istesso pelo, esclamando: Questo qui sar