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Aggiornato: 10 giugno 2025


Il direttore dell'appendice gli chiedeva nuova copia di tutta fretta, perocchè non ne restava più che per tre feuilletons. Preso così alla gola, dal suo impegno e dai suoi lettori, Sergio si era alzato ed aveva cominciato a scrivere. Ma si sentiva troppo debole. Il campanello della cancellata del suo chálet risuonò. Andò alla finestra e scorse il suo amico Marco di Beauvois. Bravo! sclamò Sergio.

A una partita più avversa delle altre, Lidia, che non aveva fatto un punto, mi si rivolse: Vuoi mutar posto, Sergio? Credo che tu influisca male sul mio giuoco.... Gian Luigi ebbe un moto di stupore. Io m'alzai, dicendo: Sei una giuocatrice perfetta; non ti mancava che la superstizione. Ella diede le carte, mentre io mi sedeva a fianco di Gian Luigi. Marco il re, dichiarò la donna trionfalmente.

Sergio lasciò scappar lentamente un buffo di fumo azzurro dal suo sigaretto, e sclamò gittando il viglietto su i tizzoni: Sempre e poi sempre delle infamie anonime! Il viglietto cadde in un angolo del caminetto e si bruciò a met

Ecco ciò che Marco raccontava: .......... Un'avventura, madama, che sarebbe stata davvero comica, se il vostro nome non vi si fosse mischiato, e se un uomo non fosse stato mortalmente ferito. Sergio fermossi ed ascoltò. Il mio nome, voi dite? gridò Regina il mio nome al foyer de l'Opéra? Sventuratamente, , madama. Impossibile, signore. Io vi era, madama, ed ecco come le cose sono avvenute.

Regina si alzò, cacciò le sue dita tra i capelli di suo marito, scartò le ciocche dalla fronte e la baciò dicendo: Più che giammai. Ella uscì. Sergio la seguì degli occhi, aggrottando terribilmente le sopracciglia, e sclamò lentamente: Se avessi potuto dubitare ancora, questa parola sarebbe bastata per condannarla. Ella morr

Sergio erasi fatto precedere da un corriere per preparargli i cavalli da rilievo. All'ora stessa, il dottore di Nubo, il quale aveva ripreso tutta la sua calma e si era rassegnato, leggeva al club la lettera di madama Augusta Thibault. E poco dopo, recavasi da lei. Le consolazioni che non consolano.

Sergio continuò: «L'è troppo tardi, amico mio. Tu m'

Si mise innanzi allo scrittoio, dispose i fogli, prese la penna, mi si rivolse: Che cosa debbo scrivere a mamma? E il libro di Gian Luigi mi domandavo quale esito aveva avuto? Un buon esito, certamente, perchè Gian Luigi doveva aver gusto, l'istinto della misura, che non s'insegna.... Sergio! chiamò Lidia, sorpresa. Non hai udito: come debbo scrivere a mamma?

Erta sul busto, colle braccia rigide che le facevano sostegno, rimase un attimo indecisa. Ho paura! esclamò poi. Non per te, Sergio, ma ho paura! Perdonami! Le salivano convulsi alla gola singhiozzi senza lagrime; chino su di lei, le mie mani sentivan le ciocche de' suoi capelli, morbide e lisce, disordinate per il guanciale.

E Sergio scorse una dama, celata da un denso velo, saltar fuori d'un lancio, e d'un lancio spiccarsi nella palazzina. La dama portava un abito verde scuro a strisce nere, un grande sciallo, un cappello nero. E' riconobbe sua moglie. Scambiò ancora qualche parola col suo amico, e ritirossi.

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