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Bambina sclamò sorridendo: Mio caro Seneca, io vorrei che il tuo inferno fosse almeno un poco più caldo, perocchè ti confesso che io agghiado, e ti prevengo che domani bisogna comperar dei carboni. L'indomani, questa povera famiglia fu risvegliata alle sette del mattino da un birro che veniva ad ordinare a Don Diego di presentarsi di nuovo al commissario di polizia, a mezzodì.

La morte, è vero, io temo: eppur la bramo; e sospiroso il guardo a te, maestro del morire, io volgo. SENECA Deh!... pensa... Il cor mi squarci... Oimè!... OTTAV. Sottrarmi il puoi tu solo; dalla infamia almeno... L'infamia! or vedi, onde a me vien: Poppea bassi amori mi appone. SENECA Oh degna sposa di Neron fero!

La conferenza era intitolata: L'Italia, e portava questa epigrafe di Seneca: Vivere, mi Lucili, militare est.

A ogni momento, citava Seneca, Pascal, Leibnizio, Larochefoucauld, Hegel, Rousseau, Schopenhauer.... , o signori: persino Schopenhauer.

V'è, fra gli altri, un passo della Medea del Seneca, che dice: Venient annis sæcula seris, quibus oceanus vincula rerum laxet, et ingens Pateat tellus. E nel volume del Seneca, che si trova pure nella biblioteca Colombina, accanto al passo citato, v'è una annotazione del figlio Ferdinando, che dice: Questa profezia è stata avverata da mio padre, l'ammiraglio Cristoforo Colombo, l'anno 1492.

La disputa ferveva ai tempi di Seneca, è verosimile che sia mai definita, se qualche carcassa d’elefante o molti scheletri umani riconosciuti di razza etiopica, scavati un giorno a caso in qualche gola alpina, non faranno testimonianza del vero.

Debole, ghiotto, donnaiuolo, governarono per lui donne e liberti, Agrippina, Messalina, Pallante, Narciso, nomi infami. Regnò tredici anni, morí di veleno datogli per affrettare la successione a Nerone genero di lui. Questi era giovane di diciassette anni, pur esso di speranze, allievo di Seneca filosofo. Diventò crudele per paura.

Pietá della innocente illustre donna, amor del giusto, e lungo tedio d'ingrata vergognosa vita, parlar mi fanno: ad ascoltar ti muova tuo interesse, e null'altro. POPPEA Udiam: che dirmi puoi tu? SENECA Che molto increscerai tu tosto a Neron, s'ei pur vede il popol fermo tenacemente in odiarti. Il vero ti dico in ciò: sai ch'io Neron conosco, Roma, i tempi, e Poppea.