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Aggiornato: 15 giugno 2025
Ecco qua una piegolina sull'angolo della carta, che vorrebbe dirmi «signora Giselda, sono venuto, non c'eravate, a rivederci un altro giorno, la mia visita è fatta, mi son levato un peso dal cuore». Quante cose in una piegolina! notò sarcasticamente Ariberti. Io non ce le ho messe davvero.
Il marchese Alfonso Orlandi, uomo di tatto se non di spirito, subito si era accorto che ci faceva la parte del terzo incomodo: per ciò, passati neppure dieci minuti in ciarle inconcludenti, si alzò dalla poltrona, e con l'inchino misurato del gentiluomo corretto, porse la mano guantata alla bella padrona di casa. Contessa: a rivederci. Così presto!
"Così." Allora la scimmia, svelta e leggiera, presa una grossa pietra la sovrappone all'orlo del buco, e grida: "Ora che ci sei, stacci; e a rivederci a quaresima."
Garibaldi dimostrò a Girolamo la sua gratitudine colle stesse parole pronunziate a Prato ad Antonio Martini: «A rivederci a tempi migliori.» E Girolamo Martini rivide due volte il Generale, ma non sappiamo se in tempi migliori; lo rivide a Pisa nel 1862, e a Salò nel 1866 a Pisa ferito al piede dalla palla d'Aspromonte a Salò ferito al cuore per aver dovuto abbandonare il frutto delle sue vittorie conquistato a prezzo di tanto sangue generoso.
Scrollò il capo e le spalle, come per cacciarsi di dosso quell'ossessione. A rivederci! Spero di trovarti più ragionevole la prossima volta. Maria lo salutò dolcemente chiedendogli scusa. Si era fatta rossa e aveva delle lagrime nella voce. Egli provò una pazza voglia di stringersela fra le braccia; ma si contenne. E partì.
Ahi! gridò essa. E adesso per ricompensa mi fai male! Uh! che sgarbataccio! Addio! Che brutta parola! Si dice: A rivederci! Ebbene a rivederci! A rivederci, Gaetano, ripetè anch'essa la piccola Paolina colla sua grazia infantile. Tognetti rispose con un ultimo saluto, e partì. Tutti rimasero in silenzio. Monti era pensoso: quell'ombra leggera della sua fronte si era fatta scura e profonda.
Rispose Ferraú: Questo fia fatto; diconsi addio, le man si sono strette: A rivederci al cominciar dell'atto, nell'ordin primo, al numer diciassette. Ferraú resta alquanto stupefatto. Marfisa imita al partir le saette: non vede l'ora trovar la compagna, per esalarsi e bestemmiar da cagna.
DON FLAMINIO. Non vo' risposta ché non ci è tempo: gli effetti rispondino per te. LECCARDO. La notte viene: non mi trattenete, ché è vostro danno; io vo con buona fortuna. DON FLAMINIO. A rivederci. LECCARDO. A riparlarci. MARTEBELLONIO. Non ho lasciato fornai, salcicciai, macellari, osterie e piscatori che non abbia cerco per trovar Leccardo, e non ho avuto ventura di ritrovarlo!...
Mi par oggi, e son passati tanti anni, che io le diedi quell'addio, e che, stringendomi la mano, essa mi rispose: a rivederci. E si fermò sulla parola, dicendomi come sperasse che ciò sarebbe stato assai presto. "Dipende da voi" aggiunse e fu l'ultima sua parola. "Dal cielo" pensai. In quella fu dato il segnale della partenza.
Non correre tanto; gli disse. Per venire a Querciola debbano passare di qua. Se anche hanno trovato muli a Pievepelago, non c'è pericolo che vengano al trotto. Comunque, noi non offriremo loro i cavalli per raggiungerti. Quando ci rivedremo? Se mi lasciano, disse Gino, fo una trottata stasera. Bravo! Ti hanno guastata la fine del pranzo; vieni a cena. Eh! Perchè no? A rivederci.
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