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Aggiornato: 19 maggio 2025


L'alfier nero fu pubblicato prima nella rivista milanese Il Politecnico, poi, insieme con Iberia, sotto il titolo complessivo Un paio di novelle, nella Strenna italiana pel 1868 dell'editore milanese Ripamonti-Carpano: è la sola novella che abbia avuto l'onore e la fortuna di due edizioni, dalla prima alla seconda delle quali corrono pochissime differenze, bastanti tuttavia a mostrare con quanta cura il Boito la scrivesse, ché alcune, per quanto minute, rappresentano un miglioramento dell'espressione, una vera finezza artistica, e perciò le più importanti raccolgo più oltre.

Sonnolenta, brontolona, freddolosa, raccolgo le poche robe, mi involgo in uno sciallo, e scendo al bagno. L'acqua è così fredda che manda il sonno a mille miglia, e, stringendo le gambe e le braccia come con tante anella d'acciaio tagliente, fa sentire strapotente il bisogno di un moto il più accelerato.

Prendo anzi quest'occasione per ripetere ch'io qui non scrivo un romanzo col suo principio, col suo mezzo, col suo fine, colle sue cause, il suo sviluppo e le sue conseguenze, e tutte le belle cose che si leggono nei trattati di estetica; ma bensì raccolgo impressioni di scene e di fatti, sensazioni di luoghi e di persone in cui mi sono scontrato e che, per un mero effetto del caso convergeranno, se mi si presta attenzione, a far cornice utile se non anche necessaria al soggetto doloroso che è la ragione di essere di questo studio.

Pietro Nardi, autore di un buono scritto su Arrigo Boito poeta e studioso sagace del gruppo milanese cui il Boito appartenne, grazie anche al caso e all'ostinazione mia, mi venne fatto di metter le mani su tre delle sei novelle che il Boito avrebbe scritto, e, per giunta, su tre assai interessanti e ignoratissime sue riviste drammatiche: le une e le altre raccolgo in questo volume, certo di far cosa grata al pubblico o, per lo meno, a quanti sono studiosi della potente e complessa natura artistica dell'illustre uomo, che può parer strana solo perché non è ancora conosciuta in tutti i suoi elementi.

E che m'importa a me? ho bisogno dei suoi? e che? raccolgo io forse nespole? -E cavò fuori una manciata di zecchini d'oro. Uh belli! da' qua, facciamo la pace. Non minchioni? mezzi. Li vo' tutti. Mezzi to', Concetta. Li vo' tutti. Pigliali, ruffianella. E così dicendo se li rimesse in tasca. La bella, istizzita, lasciò il manico della padella, la quale sdrucciolando si empì di cenere.

Voi dunque, Paolina, non vorrete neppure contribuire alla sollecita effettuazione del mio unico desiderio, con un'offerta generosa? Quale offerta? Raccolgo a titolo di elemosina la dote per entrare in convento. Francamente! disse Paolina, con un gesto vivace; non posso cooperare all'infelicit

Onde io quì venni: ed, o Bostange, oh quanto Per noi raccolgo suscitarsi affanno! Come estinto rimansi il nostro vanto! In fumo i nostri onor come sen vanno! Giorno eterno di duol, giorno di pianto, Giorno dove il morir fia 'l minor danno; E tu pur chiedi, se mia piaga è forte? Avessemi ella gi

«Procura di sostenerti come puoi» diceva uno al generale Medici che comandava nel centro «io raccolgo alcune frazioni dei nostri e cercherò di portarle sul fianco sinistro del nemico, per girarlo». Quella risoluzione decise della giornata. Il nemico, incalzato di fianco dietro ai suoi ripari, cominciò a piegare, si caricò e gli si tolse un cannone che ci aveva fatto molto danno.

Ora, nella via, Clara Lieti, soffriva atrocemente nell'orgoglio. Quasi aveva chiesto e non aveva ottenuto: quasi si era abbandonata ed era stata respinta. Un'ira si mescolava alla delusione; ella camminava più presto, internamente esaltata dalla ferita che aveva scoperto alla sua superbia. Poi, camminando, ad un tratto, l'ira cadde: Bene mi sta pensò. Raccolgo quel che ho seminato.

Parola Del Giorno

all'albino

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