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Godi, Fiorenza, poi che se’ grande che per mare e per terra batti l’ali, e per lo ’nferno tuo nome si spande! Tra li ladron trovai cinque cotali tuoi cittadini onde mi ven vergogna, e tu in grande orranza non ne sali. Ma se presso al mattin del ver si sogna, tu sentirai, di qua da picciol tempo, di quel che Prato, non ch’altri, t’agogna.

Dopo er tradimento De la scarica, appena inteso er botto, Righetto e Giovannino in quer momento Cascorno, sarv'ognuno, a bocca sotto. Dice ch'allora, mentre er reggimento Scappava giù p'er prato, sette o otto Che li veddero senza sentimento Tornorno addietro e je riannorno sotto. E Giovannino in mezzo a quer macello, Sporco de sangue, intanto che menaveno Cercò cór petto de coprì' er fratello;

Dal posto dove s'erano nascoste, le ragazze videro Amedeo, che pareva il capo della masnada, parlare a lungo coi pastori, e quando gli accordi furono presi, la compagnia si mosse verso un prato declinante a sinistra fino a una spianata prospiciente il lago, dov'era stato preparata un'alta catasta per un solenne falò, che doveva essere veduto, e per il luogo e per il concorso dato dall'albergo, a cento miglie lontano.

[Nota 19: All'erudito e cortese prof. S. PRATO vo debitore della seguente canzone affatto inedita, ch'egli raccolse or è poco dalla bocca d'una giovinetta di Roncofreddo (circond. di Cesena), chiamata Maria Regini, la quale disse d'averla imparata a Bologna da un'amica sua. Eccola: V'eran due belli amanti; 'l giovin fa un delitto: fu mandato 'n prigió. La bella giovinetta, vestita da Napuglió, lo va a tro

I lunghi rami degli abeti e delle magnolie e il prato verde formavano come un quadretto attorno ai cancelli di ferro; ma il quadretto era vuoto: Nora non si vedeva. Era stanco, sfinito, eppure avrebbe adoperata la poca forza che gli rimaneva per strozzar qualcuno. Come erano uggiosi quei giardini!

Involontariamente, Cecilia si pose a canticchiare anche lei: Quando nel prato spuntan le vïole,

Egli, per fargli animo, disse loro di raggiungere il crocchio dove si trovavano Alberto ed Elvira cogli altri invitati, e mentre si disperdevano correndo sul prato, rimase a chiacchierare con Maria.

È la notte di Maggio ch'apre l'anima e il cuore, Non v'ha dunque timore, non insidia nel prato?

C'era una volta una bella bambina che si chiamava Livia: questa Livia stava un giorno alla finestra, aspettando una comitiva di bambine, che dovevano venir da lei a fare i balocchi. C'erano state anche la domenica avanti e s'erano tutte divertite a correr nel giardino, a ballare sul prato, a fare alle signore nei boschetti.

E si lasciò cadere in ginocchio ai piedi del prete. Voleva confessarsi, come allora, quand'era fanciullo. Dopo la confessione egli si sentiva allegro, contento, col cuore in pace, col cuore in festa: scappava dal confessionale e correva a far le capriole nel prato verde: correva ad arrampicarsi nel bosco, sugli abeti, come uno scoiattolo. Don Giuseppe lo sollevò, lo fece sedere.