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Aggiornato: 13 luglio 2025
E altri tre eserciti s'avanzan di corsa, empiendo il cielo del loro grido. Passano i venti reggimenti rossi del '66, fiancheggiati dalle artiglierie dell'esercito regio, portando in trionfo l'intrepido Lombardi, grondante d'acqua del Chiese, tinta del sangue della sua fronte spaccata, e il fortissimo Chiassi ferito nel cuore, e il temerario Castellina, crivellato di palle a Vezza, e le sue guide e i suoi aiutanti che fecero una barriera di petti fra lui e la morte sulla via di Tiarno, e lo stuolo eroico ch'egli spinse all'ultimo assalto di Bezzecca. E poi un'altra grande ondata di divise purpuree, biancheggianti di polvere, i bersaglieri del Burlando e dello Stallo, i carabinieri genovesi del Mayer, ultimi a lasciare il campo fatale, i lombardi e i romagnoli del Missori, e sovrastanti a tutti, soffocati dalla rabbia e dal dolore, risoluti a morire, il vecchio Fabrizi, Alberto Mario, il Friggeri, il Pezzi, il Cantoni morto, il conte Bolis morto, il Giovagnoli morto; tutto l'esercito di Monterotondo e di Mentana, illuminato da un raggio d'oro della gloria di Roma. E finalmente l'esercito internazionale dei Vosgi, vestito di mille fogge e armato d'ogni forma d'arme, una folla tempestosa d'italiani, di francesi, di spagnuoli, di greci, di polacchi, d'algerini, di soldati stanziali e di volontari e di franchi tiratori e di guardie mobili, che sollevano in alto anch'essi i loro morti gloriosi e le loro bandiere insanguinate, e confondono la loro voce con le voci lontane di quelli che passarono, gridando: Gloria a te, che ci guidasti per tante vie e su tante terre a combattere, sempre per una causa grande come l'anima tua. Gloria a te, sempre il primo ad assalire, sempre l'ultimo a cedere, sempre il più forte nella sventura, sempre il più mite nella vittoria, sempre grande egualmente nell'ira e nell'amore, nella oscurit
Al riprender del trotto, i monelli rimasero, addietro, sparvero ad un gomito della strada e in un nugolo di polvere. La carrozza procedeva robustamente, e il vetturale, curvo, indifferente al paesaggio di cui doveva conoscere ormai ogni anfrattuosit
Lungo, alto, terribile fu il silenzio. Si udiva distinto lo schioppettio delle candele, che si consumavano ardendo: l'arena dell'orologio a polvere si faceva sentire rovesciare i granelli sopra i granelli: il rodere della tignuola i travi della sala feriva l'orecchio: silenzio di morte. Dunque sono vili i miei giudici? Questa voce improvvisa conturbò fin dentro le viscere quei pallidi venduti.
Anche il terreno era segnato di spesse orme sanguigne, che andavano allargandosi, perchè nella furia le due parti giravano, s'inseguivano, venivano a mezza lama, rendendo il terreno, dove il sangue si mescolava alla polvere del mattone, sempre più lubrico e sporco.
Anima cara, questo che or cade in polvere dalle tue mani non è che la promessa di ciò che verr
Il pavimento era di mattoni, che, stropicciati un tal poco, svolgevano in aria una finissima polvere rossigna; ma il Forte in gamba li risciacquava diligentemente ogni giorno, per non levare addirittura il respiro al colto pubblico che veniva ogni sera a sedersi e a far baccano sulle dieci panche zoppe e sconnesse della platea.
Quel giovine che combatteva morto e la vecchia scorza del tronco fulminato e cariato, dentro il quale era ferito, rappresentavano la tragedia di Mentana. La nuova Italia aveva soccombuto, ma la sconfitta non ne fiaccava l'energia della giovinezza: al carcame del papato temporale non restava che il cadere in frantumi ed in polvere.
Una nube di polvere alzavasi verso quella direzione ed in mezzo ad essa, percosse dai raggi del sole, brillavano lancie, scimitarre e baionette. Un grosso attruppamento di guerrieri si avanzava a passo di corsa verso il campo. In testa cavalcava un bel negro col petto racchiuso in una cotta d'acciaio, un gran turbante verde sul capo e una magnifica farda d'egual colore pendentegli dalle spalle.
Il malato giaceva in una camera presso la portineria, nel letto sempre pronto ad accogliere chi si fosse fatto male, che non era cosa straordinaria, o chi fosse assalito da improvvisa sofferenza. Giaceva supino sui guanciali candidi, la testa bruna abbandonata, gli occhi semichiusi, il respiro affannoso; su la rimboccatura, le povere mani nere di polvere di carbone, stavano inerti.
«Sì, ma questi briganti, signor Generale (ripigliava il Loyolesco), sono gente risoluta che conoscono ed hanno odorato la polvere un tantin più che l'ha fatto Vostra Signoria Illustrissima al pacifico servizio e viver beato di Sua Santit
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