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Aggiornato: 28 maggio 2025


Sulle alture di Preneste e di Velletri egli vide in fuga il tiranno, padre del tirannello che poi abbandonò il trono ai valorosi suoi mille e così fu rovesciato nella polve quel governo prima negazione di Dio. Dio gli dia vita per contemplare i frantumi del secondo governo, negazione più impudente di Dio che il primo e più fatale all'Italia, la Negromanzia.

A me non bastan tue bellezze, o terra; Le indagai tutte, le ammirai, le ammiro; Ombre son vaghe, e morte a lor fa guerra: Io il ver sospiro. Ed in te solo è il vero, o impermutato Bello ineffabil che allumasti il sole, Ed a' tuoi figli nella polve hai dato Vita e parole. Chi sei? nol so. Chi son? nol so.

L'inesorabil logica M'impone altre canzoni; Io non posso più esprimere il pianto, la gioja, Chè mi vennero a noja Le lagrime e i sorrisi dei viventi. Mi rifiuto all'analisi Delle cose crëate, Per viver nel delirio Di altezze sconfinate; Ivi è un eterno fascino, Ivi, un pugno di polve, Che ignoto soffio avvolve, Sembrano gli astri nello spazio ardenti.

45 Un sotto poppe, un altro sotto prora si tiene inanzi l'oriuol da polve: e torna a rivedere ogni mezz'ora quanto è gi

Tali considerazioni mi conducono alla conseguenza d'esser possibile nel mondo, non so per quanto tempo ancora, certi governi mostruosi, come quello del Borbone che la tempesta rivoluzionaria del 60 rovesciò nella polve e la peste pretina compimento delle miserie e delle degradazioni umane.

Sta l’aura D’atomi d’ôr cosparsa. L’erma pianura immobile, Tutta di foco e polve, Nella luce si avvolve Arsa. L’afa morta, implacabile, Pesantemente piomba. Ne la tristezza fiammea Posa la terra stanca, Come un’immane e bianca Tomba. .... Pace

Ma il barbaro in mezzo Al sangue, alle prede Non gode, se Roma In polve non vede; Ed eccol dall'Alpi Furente calar. Qual possa di braccio Avria soffermato Chi tanto al suo ferro Gi

G alanta ne ridea, donde piú acerba, I niqua piú, ne venne ai duri morsi, S í ch'io le scrissi questo in una querza: TRIPERUNO Sléguati in polve, fulminando Giove, o tu, che, sozza tanto, lorda e vieta, lo nome hai di colei che 'l gran pianeta mosse da prima ad altre imprese e nòve!

Ciò ch'io racconto, rivelossi a pieno Al mondo tutto, ed a narrar nol vegno Perch'io n'aggia diletto, anzi nel seno Ne sento incendio di mortal disdegno; Io n'arrabbio così, che 'l ciel sereno Vorrei far polve, e de le stelle il regno, Vorrei la terra e 'l mar volger sossopra, Ma mio voler non posso porre in opra.

No, non cesseremo! e se fia vero il miglioramento umano come lo promettono i progressi della scienza e della ragione noi daremo l'ultimo crollo e precipiteremo nella polve il putrido catafalco della menzogna! Non amore, Ma certo parente Dell'amore sei tu, simpatia. Chi è quel tale dal volto sereno e dalla fisonomia attraente?

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