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Aggiornato: 8 maggio 2025
Tutti sanno che «poesia epica», definendone il senso piú generico e piú filosofico e prescindendo dalle distinzioni de' retori, significa «poesia narrativa»; e i due poemetti di cui trattasi sono narrazioni. E la forma epica è poi mescolata in essi colla forma lirica, attesa la qualitá del metro, che è di versetti lirici rimati e scompartiti in tante strofe.
Non anderanno soggetti mai alla sventura dell'oblivione, quantunque appunto pel loro sostenuto sublime riescano oscuretti appresso quella vergognosa ignoranza, dall'autore con somma ragione sferzata in parecchi grandi. Tuttoché que' due poemetti sieno scritti in uno stile totalmente diverso da quello della Marfisa, sono però appoggiati alle viste medesime e a' medesimi principi di questa.
Il matrimonio distrasse dagli studî Anna Gentile, cui il padre avea educata a studî forti e della quale la bizzarria del Principe di Campofranco diede in luce certe Lettere filosofiche⁴²¹. Pure nè l’una, nè l’altra di queste donne superaron la Principessa di Villafranca in quelli di Educazione: e di tutte e tre nessuno partecipò agli studî di Donn’Anna Maria li Guastelli, monaca dell’Assunta, che in due poemetti cantò di S.a Rosalia e di Palermo liberato dalla peste del 1625, e venne allietata o conquisa da una pioggia di sonetti; ma non lasciò cogliersi dalla epidemia poetica, allora più che mai insidiosa: il che fa supporre in lei virtù non comune in mezzo alla comune debolezza dei verseggiatori.
Il governo di Londra ha sperato in ciò del benefizio sopra a' suoi popoli, e perciò lasciò correre Lo spettatore. Due poemetti usciti alla stampa da poco tempo in verso sciolto, l'uno intitolato Il mattino, l'altro Il mezzogiorno, che mi lasciano con ingordigia desiderare La sera, risvegliarono in me la brama di dar fine all'imprigionata Marfisa bizzarra.
Erano da me stati immaginati alcuni poemetti narrativi, a cui dava nome di Cantiche, ponendoli, per finzione poetica, in bocca d'antico Trovadore Saluzzese; finzione che poscia ho rigettata, non avendo più in animo di tessere, siccome io divisava, un romanzo, il quale a tali Cantiche dovesse collegarsi.
Sappiasi ch'io mi vanto solo d'essere confratello nelle massime dello scrittore di que' due poemetti venerabili, ma sappiasi ancora ch'io mi confesso architetto infelice d'una fabbrica umile e di simmetria diversa affatto da quella del suo nobilissimo edifizio.
Ricordo uno dei suoi poemetti più accarezzati: Le Tenebre. Esso era d'un'ispirazione molto fuor del comune. Al cadere d'un giorno, l'orizzonte appariva tutto sanguinoso, come se il sole fosse per morire svenato. Il mare era una pozza grumosa ed una pioggia di stille rossiccie fendeva il cielo silenziosamente. Poi la notte cadeva sulla faccia dell'abisso: una notte cieca, così profonda che l'orrore si impadroniva degli uomini e li cacciava, a turbe, sulle alture, dove aspettavano il primo raggio del nuovo giorno. Ma il tempo prefisso passava, e, in alto, in basso, da per tutto la spaventevole oscurit
Certo conte Orazio Arrighi Landini, che in quel tempo scriveva e stampava poemetti sulle Stagioni dell'anno ed altre poesie, dedicando le operette sue indistintamente a soggetti da' quali sperava qualche sovvenimento. Egli passava in Venezia per buon poeta alla sprovveduta. Questo signore, niente censurabile sull'ottimo carattere e costume, era però infelice poeta.
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