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Aggiornato: 19 giugno 2025
Io mi rivolsi a l’amoroso suono del mio conforto; e qual io allor vidi ne li occhi santi amor, qui l’abbandono: non perch’ io pur del mio parlar diffidi, ma per la mente che non può redire sovra sé tanto, s’altri non la guidi. Tanto poss’ io di quel punto ridire, che, rimirando lei, lo mio affetto libero fu da ogne altro disire,
De l’un dirò, però che d’amendue si dice l’un pregiando, qual ch’om prende, perch’ ad un fine fur l’opere sue. Intra Tupino e l’acqua che discende del colle eletto dal beato Ubaldo, fertile costa d’alto monte pende, onde Perugia sente freddo e caldo da Porta Sole; e di rietro le piange per grave giogo Nocera con Gualdo.
Lascia parlare a me, ch’i’ ho concetto ciò che tu vuoi; ch’ei sarebbero schivi, perch’ e’ fuor greci, forse del tuo detto». Poi che la fiamma fu venuta quivi dove parve al mio duca tempo e loco, in questa forma lui parlare audivi: «O voi che siete due dentro ad un foco, s’io meritai di voi mentre ch’io vissi, s’io meritai di voi assai o poco
a l’uomo non facesse alcuna guerra, questo monte salìo verso ’l ciel tanto, e libero n’è d’indi ove si serra. Or perché in circuito tutto quanto l’aere si volge con la prima volta, se non li è rotto il cerchio d’alcun canto, in questa altezza ch’è tutta disciolta ne l’aere vivo, tal moto percuote, e fa sonar la selva perch’ è folta;
Quant’ esser convenia da sé lucente quel ch’era dentro al sol dov’ io entra’mi, non per color, ma per lume parvente! Perch’ io lo ’ngegno e l’arte e l’uso chiami, sì nol direi che mai s’imaginasse; ma creder puossi e di veder si brami. E se le fantasie nostre son basse a tanta altezza, non è maraviglia; ché sopra ’l sol non fu occhio ch’andasse.
Lascia parlare a me, ch’i’ ho concetto ciò che tu vuoi; ch’ei sarebbero schivi, perch’ e’ fuor greci, forse del tuo detto». Poi che la fiamma fu venuta quivi dove parve al mio duca tempo e loco, in questa forma lui parlare audivi: «O voi che siete due dentro ad un foco, s’io meritai di voi mentre ch’io vissi, s’io meritai di voi assai o poco
Non lasciavam l’andar perch’ ei dicessi, ma passavam la selva tuttavia, la selva, dico, di spiriti spessi. Non era lunga ancor la nostra via di qua dal sonno, quand’ io vidi un foco ch’emisperio di tenebre vincia. Di lungi n’eravamo ancora un poco, ma non sì ch’io non discernessi in parte ch’orrevol gente possedea quel loco.
Lo buon maestro «Acciò che non si paia che tu ci sia», mi disse, «giù t’acquatta dopo uno scheggio, ch’alcun schermo t’aia; e per nulla offension che mi sia fatta, non temer tu, ch’i’ ho le cose conte, perch’ altra volta fui a tal baratta». Poscia passò di l
Né lascerò di dir perch’ altri m’oda; e buon sar
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