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Aggiornato: 19 giugno 2025
Mastro Jacopo, voi sapete il proverbio: ognun può far della sua pasta gnocchi. Ma noi non ispendiamo del nostro; noi amministriamo il denaro della comunit
Vedrete che bella casetta; ci staremo da principi. Animo, dunque; non mi fate la scrupolosa; se no, come dice lo stornello, «Se mai v'incontro per la strada a caso, Sia maledetto se vi guardo in viso». Ah sì, omaccione? Così parlate adesso? gridò con un piglio tra il dolce e l'amaro la signora Marianna. Tutti d'una pasta, questi uomini!
Lord che era dovunque, come l'aria, alla vista di due pillole di pasta, gettate a terra da Cirillo, si affrettò ad ingoiarle. Non allarmarti Alfredo, disse Cirillo! Nemmeno Lord ne morir
68 Il cavallier d'Anglante, ove più spesse vide le genti e l'arme, abbassò l'asta; ed uno in quella e poscia un altro messe, e un altro e un altro, che sembrar di pasta; e fin a sei ve n'infilzò, e li resse tutti una lancia: e perch'ella non basta a più capir, lasciò il settimo fuore ferito sì, che di quel colpo muore.
«Il Signore ha i suoi campieri, ma non può tenerne una grossa squadra, e molte volte, perchè siano uomini di stocco, da servirlo come vuol lui, è costretto a chiudere un occhio, e magari anche tutti e due nello sceglierli, e prenderli della stessa pasta di cui si fanno i briganti». Così scrive il generale Corsi.
Queste parole, ch'ella ha dette, sono de' libri suoi moderni, che l'han guasta; insegnamenti che le han dati in dono gli spirti forti di novella pasta. Ugualmente a' conventi è il secol buono, ma la rete oggi in quello è troppo vasta. La rabbia, ch'ella or prova, e la vergogna son frutti del suo secolo carogna.
Era buono, il caporale; una vera pasta di zucchero, ad onta della sua severit
E siccome essa non sapeva di che pasta fabbricare un cocchiere: Aspettate un poco, disse Cenerentola, voglio andare a vedere se per caso nella topajola ci fosse un topo; che così ne faremo un cocchiere. Brava! disse la Comare, va' un po' a vedere. Cenerentola ritornò colla topajola, dove c'erano tre grossi topi.
Io e alcuni abitanti della quinta camerata stavamo con la gamella capovolta, sul mastello dell'acqua sporca, per lasciar colare la pasta dalla brodaglia maculata di scandellature. Entrò il sottocapo Osmiani a scompigliarci. Era l'uomo più serio del personale di custodia. Non sciupava parole. Ci chiamava guardando in terra e tenendo l'indice della sinistra in alto. Presente!
Non sai neppure di essere una piccola belva, una tigre ircana!... Nancy rise. Sì, va bene. Ma chi è la Villari? Qualcuno che tu hai divorato, disse Nino. E, pensando al braciere di carbone, partì per Napoli col primo treno. Perchè Nino, pur avendo il naso di pasta frolla, aveva il cuore d'oro.
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