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Aggiornato: 6 giugno 2025


Meglio fagiuoli che non le cee che se ne comprano trentasei per un pel d'asino. Che state dunque qua, baggiani da dodici la crazia? che mutate l'Arno nella cantarana di Sant'Ambrogio. Ci stiamo perchè possiamo. E però?... spendiamo dei vostri? Covielli, che un solo Milanese vi ha volti in fuga a diecimila? Odi parlare che par tedesco! Odi che favellando par che sgargarizzino!

MASTICA. Cosí tu fossi un pasticcio, ch'al primo ti porrei mano al cappello e mi ti tranguggiarei in un boccone! BALIA. Parea che non mi conoscessi. MASTICA. La fame m'avea cosí offuscati gli occhi che non ti conosceva. BALIA. Hai fame cosí mattino? MASTICA. Non sai tu che la mattina apro prima la bocca che gli occhi? BALIA. Ho bisogno del fatto tuo; odi un poco.

Savia non fui, avvegna che Sapìa fossi chiamata, e fui de li altrui danni più lieta assai che di ventura mia. E perché tu non creda ch’io t’inganni, odi s’i’ fui, com’ io ti dico, folle, gi

³⁶⁰ Meli, Poesie: Lirica, ode XI, p. 38. Gli occhi non sai se più penetranti o voluttuosi della Duchessa di Floridia, Lucia Migliaccio, facevano battere cento cuori e penetravano fino alle midolle del buon Poeta³⁶¹, che nella dolcissima tra le sue dolci odi L’Occhi cantava: ³⁶¹ Palmieri de Miccichè, op. cit., t. I, c.

Come questo si trovò nella camera, le voci dei giovani si udivano ancora nella contrada abbastanza alte, e in ultimo quella di Pierino da Sesto. Odi tu costoro? disse Manfredo al servo. Li odo benissimo. Senti questa voce? è quella del pittore Pierin da Sesto, che tu devi conoscere. Lo conosco di fatto.

Cosa? Sei tu sveglio? Non odi il mio parlare? L'odo: ma questo tuo parlare è certo d'uomo assopito e tu nel sogno parli. Cosa dicevi? Assai strano riposo, dormir con gli occhi aperti! Tu ti muovi, e stai in piedi e discorri e pure dormi profondamente. Nobil Sebastiano, tu, la fortuna tua lasci dormire o morire più tosto! E chiudi gli occhi pur essendo ben sveglio.

Non mi batter piú la porta. Debbi essere ubbriaco. TIMARO. Apri qui, fiera! Ti taglierò un'orecchia. PILASTRINO. Questa volta, voglio che tenga di mula di medico cosí come sei bravo. TIMARO. Quello è desso; è Pilastrin. Parti che ha scelto l'ora di andare al letto? Mi bisogna averlo con le buone. Odi, o Pilastrin: ti prego; fatti fuori. PILASTRINO. Tu m'hai rotto la testa. TIMARO. Ascoltami.

E perche' tu non creda ch'io t'inganni, odi s'i' fui, com'io ti dico, folle, gia` discendendo l'arco d'i miei anni. Eran li cittadin miei presso a Colle in campo giunti co' loro avversari, e io pregava Iddio di quel ch'e' volle. Rotti fuor quivi e volti ne li amari passi di fuga; e veggendo la caccia, letizia presi a tutte altre dispari,

Tal che la vuol, in fine, ciò che tu vuoi. Odi, padrone. Ella non sentí prima nominarti che io la viddi tutta accesa de l'amor tuo. Or sarai ben, tu, felice. CALANDRO. Tu di' il vero. E' mi par mille anni succiar quelle labra vermigliuzze e quelle gote vino e ricotta. FESSENIO. Buono! Volse dir sangue e latte. CALANDRO. Ahi, Fessenio! Imperator ti faccio.

Prima che possa dirsi Vengo o Vo o respirar due volte e fare oh oh sulla punta dei piedi come sto, smorfeggiando verranno se verrò: mi amate sempre mio padrone? No. Caramente, o Ariel mio buono! Ed ora non comparir finchè non odi ch'io ti abbia chiamato. Bene: intendo Exit. Guarda di non mentire, non lasciar le briglie: i giuramenti più tenaci, sono paglia se il fuoco entri nel sangue.

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