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83 Rinaldo disse al re: Magno signore, non lasciar la battaglia più seguire; perché di questi dua qualunche more, sappi ch'a torto tu 'l lasci morire. L'un crede aver ragione, ed è in errore, e dice il falso, e non sa di mentire; ma quel medesmo error che 'l suo germano a morir trasse, a lui pon l'arme in mano.

Io sono unico figlio d'un signore, che in me piange sua stirpe che si more. Son di Parigi, e quattr'anni saranno che m'ha assalito una febbretta lenta. I medici hanno fatto ciò che sanno; a questa malattia n'ebbi ben trenta. Emetici e purganti provati hanno: parea talor la febbre fosse spenta; ma in capo un mese l'ugna pavonazza, ecco il ribrezzo e la febbretta in piazza.

La forca era per la bassa gente, e perciò l’odioso motto: La furca è pi lu poviru; pel nobile, la decapitazione, che era molto rara, more nobilium; e quando la sentenza voleva essere più che severa, non potendosi togliere il privilegio della decapitazione, toglievasi quello dei distintivi.

Ferraú con un «ohd'ammirazione volle abbracciar l'amico e a mezzo resta; Marfisa con un «ahdi soggezione rimase con la faccia bassa e mesta; Ipalca con un «uhdi confusione si cacciò la bauta sulla testa; Ruggero con un «eh» si morse un guanto, ed io coll'ipsilon termino il canto. Ritrova Orlando in luogo stran Morgante. More il guascon per la filosofia.

E se pur ciò fia, non m'hai tu nelle tue lezioni mostro che è gran laude morire in amore e che bel fin fa chi bene amando more? POLINICO. Orsú! Fa' pure a tuo modo e di questa bestia qui. Presto presto potresti cognoscere con tuo danno li effetti d'amore. FESSENIO. Fermati, o Polinico. Sai tu che effetti fa amore? POLINICO. Che? bestia!

Or le bagna la pioggia e move il vento di fuor dal regno, quasi lungo 'l Verde, dov'e' le trasmuto` a lume spento. Per lor maladizion si` non si perde, che non possa tornar, l'etterno amore, mentre che la speranza ha fior del verde. Vero e` che quale in contumacia more di Santa Chiesa, ancor ch'al fin si penta, star li convien da questa ripa in fore,

Aggiungete che la bella selvaggia non era neanche tanto bruna, o era bruna con riflessi luminosi, come di rosa pavonazza. Era poi fatta a pennello; aveva le labbra tinte nel succo della melagrana; aveva gli occhi umidi e languidi sotto l’arco delle ciglia lunghe, e quegli occhi nereggiavano come due more salvatiche entro due coppe d’indaco stemperato. Che occhi, Dio creatore!

Un'altra terminazione dei Dieci del 27 febbrajo 1498 ([I[more veneto]I], cioè 1499) ordina lo stampo di altri 100 ducati d'oro in bagattini [I[solitae stampae]I] per la comunit

« Nel nostro territorio di Zurigo, sub annulo peccatoris, anno pontificatus nostri secundo. Pridie idi decembris, hora vero noctis 17, more cornardorum computando ».

V arcar un uomo in ciel non io credea, I l qual fuggisse vivere famato, N udrirsi d'erbe, more, fraghe e giande, D estarsi a mezzanotte e macerarsi I l corpo giá omicida di se stesso, C orcarsi o su le frondi o in terra nuda, A rrecarsi a gran merto il girne scalzo, V ender se stesso ad altri, non avere I l proprio arbitrio in , che Dio concesse T enacemente al spirto di ragione.