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Aggiornato: 23 giugno 2025
Fin da quando, uscito dal ducato di Milano, seppe che il suo fratello Massimiliano aveva abdicato e che però le sorti, qualora avessero mai voluto ristampare la dinastia, si sarebbero rivolti a lui secondogenito, si propose di passare il tempo del suo esiglio negli studi d'ogni maniera. Passando dai più violenti esercizi di corpo, alle più alte e solitarie meditazioni della scienza, dalla sala d'Armi all'aula dell'Universit
Il Morone, dette in prima alcune parole al duca Massimiliano, il quale senza mai aprir bocca solo si accontentò di mostrare una faccia stravolta e accorata, si volse al cardinale di Sion dicendogli, che non era a porsi altro tempo in mezzo, e tosto desse gli ordini alle labarde di precedere il duca.
In mezzo a tali feste giunse a Roma la notizia dell'esecuzione dell'arciduca Massimiliano, al Messico. Essa produsse un'impressione enorme. Molti clericali espressero, con soddisfazione, l'opinione che la morte di questo infelice principe fosse, per l'imperatore Napoleone, una specie di testa di Medusa; come egli aveva tradito Massimiliano, egli era pronto a tradire il pontefice!
A questa classe d'uomini per la sua e per l'altrui disgrazia, apparteneva appunto il giovine duca Massimiliano.
Il conte Maldengo, segretario dell'ambasciatore d'Alemagna, mi portò stamattina la vostra lettera. In quest'anno dunque è il primo di oggi che nell'animo mio amareggiato spesso, attediato sempre, entrò uno schietto conforto. Davvero che quella lettera fu un grave rimprovero per me che in questi due anni non ho mai saputo trovare il modo di prevenire l'E. V. Ma io non sapevo a quanti piedi d'acqua si stesse veramente alla Corte di Massimiliano d'Austria, per quanto il medesimo protegga apertamente la vostra e la causa di noi tutti, e non sapevo con che cifra si avessero a vergar le lettere da spedirsi col
Finalmente Massimiliano accettò, ma l'Austria ingratamente il sofferse, sicchè il concetto non muta in nulla. La Italia non può seguitarlo; imperciocchè la Italia e la Francia portino le pene, quella di non avere preso, questa di averle contrastato Roma.
Ora, a queste apparenze, chi direbbe che costui è il duca Massimiliano Sforza, il successore dello sventurato Lodovico, morto di crepacuore e d'inedia in Francia negli ultimi anni di Luigi XII; che benchè sieda da tre anni sul retaggio del padre suo, il padrone dello Stato non è lui, e la parte migliore e più forte del popolo non è per lui, che la sua cassa privata è vuota, e non avendo esercito proprio, gli mancano i denari per pagare quel di ventura al quale ha a sborsare ottocentomila ducati d'oro; intantochè Francesco I, re guerriero, ha gi
Rechiamoci ora a vedere se in questo momento le vesti ducali bruciassero davvero le carni di Massimiliano Sforza, come ha detto il Burigozzo.
Quei due fanciulli, in quegli anni che stette fuori, li aveva conosciuti adulti, alla Corte di Massimiliano d'Austria dove, esuli, avevano riparato; li aveva riveduti quando su quelle giovani teste pesava l'ira di un'intera nazione potente e armata a loro danno. Col più giovane dei due fratelli specialmente, essendone mediatrice l'eguaglianza dell'et
Si ricordava, ora, con meraviglia, la satira romana che nel 1864 aveva salutato l'arciduca, quando era venuto in Roma prima di partire per l'avventuroso viaggio al Messico, ed i suoi versi profetici: Massimiliano, non ti fidare, Torna sollecito a Miramare. Il trono fracido di Montezuma È nappo gallico colmo di spuma. Il timeo Danaos, chi non ricorda, Sotto la clamide trova la corda.
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