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Aggiornato: 29 luglio 2025


Il lavoro andava sempre avanti, e la fanciulla vedendo che le riusciva bene, lavorava, lavorava tutte le notti; si sentiva stanca, le sue palpebre si facevano gravi pel sonno, ma essa lo combatteva facendo un giro per la stanza e dandosi dei pizzicotti, e il lavoro procedeva sempre, finchè un giorno, lo portò tutta contenta al negoziante senza dir nulla alla mamma, e tornò a casa con un gruzzolo di danaro che capitava a proposito, perchè colla malattia avevano quasi consumato tutti i risparmi.

Mentre il dottore parlava alla mamma di crisi, di flogosi del sangue, di sovraeccitazione nervosa, di macchie epatiche, essa compiacevasi d'aver finito di soffrire. Strappata l'ultima illusione, non aveva che da aspettare che la ferita si rimarginasse da . Per chi l'aveva fatta soffrir tanto e inutilmente non rimaneva in lei più che una immensa compassione: a quella donna non osava nemmen discendere col pensiero. La figlia del colonello Polony, la contessina del Castelletto, la nipotina della donna, che aveva con un colpo di pugnale vendicata un'ingiuria, s'era avvilita fin troppo a credere che la sua felicit

Ti basti che arrivammo, io nel mio costume di Montecarlo, col mio cappello guarnito d'osprey e le mie scarpette lucide e impertinenti; Anne-Marie, con un'aria di principessina svogliata; e Aldo un pallido Antinoo, con quarantacinque dollari nel portafogli. E venne la Via Crucis del cercare alloggio. Mamma, ma fui io mai al Grand Hôtel a Roma?

Accompagnavano alla chiesa la novella sposa, quella buona Stella che tutti amavano; e anch'essa ne veniva con un vestito nuovo all'usanza montanara, che la faceva essere cento volte più bella. La mamma Teresa, spesseggiando i passi, tenevale dietro; Damiano e Rocco le avevano precedute nella chiesa.

No, no... mamma protestò Flora arrossendo io non sposerò un ricco signore; ma posso lavorare e pagare i miei debiti. Sento anch'io che questa vita vegetale non è degna di me e gi

Ti piace? domandò Filippo. Ah, immensamente! Sarò felice! esclamò la fanciulla in un impeto di gioia, battendo le mani. Tacque. La fronte le si rannuvolò subitamente; ripensava alla mamma, cui non aveva ancor dato notizie, e che era sola ormai nella casa deserta. Per celare a Filippo la tristezza improvvisa, si volse indietro a guardare il baroccio che correva tra un nugolo di polvere.

A volte, ritta dietro il finestrino chiuso, mentre l'Irene la reggeva con un braccio e con la mano libera tamburinava i vetri, ella pareva distrarsi a guardar la campagna; ma si stancava subito e voleva andar in collo alla mamma, star seduta, o distesa; o diceva che aveva fame, e poi, disgustata, gettava via qualunque cosa le dessero, e ripigliava quel suo piagnucolìo di bimba sofferente che metteva tanta angoscia in cuore di Diana.

A fare che? Un bagliore brillò nelle pupille dell'ammalata. Mi ha promesso un regalo. Che cosa? Tina rispose dopo una pausa: Ho freddo. Allora la mamma, girando intorno al letto, le addoppiò addosso la coperta scoprendo mezzo il lenzuolo. Stai bene? Vuoi del latte? Chiama la signora Veronica. Tina rimase sola.

L'Eduvige era una bambina proprio sgomenta. Volere un gran bene alla mamma e vedersela l

Quando, più tardi, entrò nella camera della sua mamma, la povera donna fu impaurita, tanto era pallido in viso, cogli occhi cerchiati e profondamente mesti. Che cosa ti accade, Marco? Per carit

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