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Aggiornato: 9 giugno 2025
per ch’io dissi: «Maestro, esti tormenti crescerann’ ei dopo la gran sentenza, o fier minori, o saran sì cocenti?». Ed elli a me: «Ritorna a tua scïenza, che vuol, quanto la cosa è più perfetta, più senta il bene, e così la doglienza. Tutto che questa gente maladetta in vera perfezion gi
per ch'io dissi: <<Maestro, esti tormenti crescerann'ei dopo la gran sentenza, o fier minori, o saran si` cocenti?>>. Ed elli a me: <<Ritorna a tua scienza, che vuol, quanto la cosa e` piu` perfetta, piu` senta il bene, e cosi` la doglienza. Tutto che questa gente maladetta in vera perfezion gia` mai non vada, di la` piu` che di qua essere aspetta>>.
per ch'io dissi: <<Maestro, esti tormenti crescerann'ei dopo la gran sentenza, o fier minori, o saran si` cocenti?>>. Ed elli a me: <<Ritorna a tua scienza, che vuol, quanto la cosa e` piu` perfetta, piu` senta il bene, e cosi` la doglienza. Tutto che questa gente maladetta in vera perfezion gia` mai non vada, di la` piu` che di qua essere aspetta>>.
Molti la chiamavano un castigo di Dio contro i preti, che tanta gente avevano fatto soffrire in quella spelonca maladetta.
LELIA. Alla tavola, alla camera. E conosco essergli venuta, in questi quindici dí ch'io l'ho servito, in tanta grazia che, se in tanta gli fusse nel mio vero abito, beata a me! CLEMENZIA. Dimmi un poco: e dove dormi tu? LELIA. In una sua anticamara, sola. CLEMENZIA. Se, una notte, tentato dalla maladetta tentazione, ti chiamasse ché tu dormisse con lui, come andarebbe?
Maladetta sia quella altezza che è sol fatta per precipizio, maladette le tue dolcezze e maladetto sia tu, Amore, che ne le dái! O Cleria, sommo contento dell'anima mia, che farai quando sentirai questa nuova, se pur ami il tuo Essandro quanto dimostri d'amare? Tu meco ti querelerai, meco ti dorrai e da me cercherai consiglio: e io, misero e isconsigliato, che consiglio ti potrò dare?
Mossimi; e 'l duca mio si mosse per li luoghi spediti pur lungo la roccia, come si va per muro stretto a' merli; che' la gente che fonde a goccia a goccia per li occhi il mal che tutto 'l mondo occupa, da l'altra parte in fuor troppo s'approccia. Maladetta sie tu, antica lupa, che piu` che tutte l'altre bestie hai preda per la tua fame sanza fine cupa!
O mio cuor troppo ardente, o suo troppo freddo, o sua bellezza che tanto mi piaci, o mio volto che cosí gli spiaci, o dolor insoportabile, ahi, ch'io sola li so ché sola li provo! AMASIO. Lidia mia, ascolta un consiglio. LIDIA. Amor non ascolta consiglio. BALIA. Avete dunque ad impazar per Cintio? Maladetta sia tal sorta d'amore! io non so come lo potete amare pensando che siate disamata.
Oh che maladetta sia tanta smemorataggine e si poca pazienzia! Ma, potta del cielo, non ti dissi pure ora che tu non dovevi gridare? Hai guasto lo 'ncanto. CALANDRO. El braccio hai tu guasto a me. FESSENIO. Non ti puoi piú scommetter, sai? CALANDRO. Come farò, dunque? FESSENIO. Torrò, in fine, forziero sí grande che vi entrerai intero. CALANDRO. Oh! cosí sí.
ché la gente che fonde a goccia a goccia per li occhi il mal che tutto ’l mondo occupa, da l’altra parte in fuor troppo s’approccia. Maladetta sie tu, antica lupa, che più che tutte l’altre bestie hai preda per la tua fame sanza fine cupa! O ciel, nel cui girar par che si creda le condizion di qua giù trasmutarsi, quando verr
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